domenica 28 dicembre 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Nonostante il nostro desiderio, è difficile cancellare il dubbio che la “bontà” intrinseca della musica classica possa essere un mito. Il potere sa bene che, grazie al suo prestigio, è uno dei migliori strumenti di propaganda. La musica ha un suo peso nello scacchiere geopolitico. Specie oggi, in cui sembrano tornare venti da Guerra fredda. È cronaca. Anna Netrebko, la diva della lirica, pochi giorni fa ha donato un milione di rubli al teatro dell’opera di Donetsk. La città, contesa e bombardata nello scontro tra Ucraina e Russia, è controllata dai separatisti. La star ha insistito sulla natura umanitaria del gesto: «Non si tratta di politica, ma di arte. Voglio porre fine alla lotta il più presto possibile, e sostenere l’arte e gli artisti. Tutti noi artisti dobbiamo difendere i valori culturali e la pace nel mondo». Ma la Netrebko è un’aperta sostenitrice di Vladimir Putin. E ha suscitato proteste e polemiche in tutto il mondo quando, durante la conferenza stampa, la cantante ha posato in una foto con la bandiera separatista insieme a Oleg Tsarëv, leader secessionista e “fondatore” dello Stato Federale della Nuova Russia. «Donetsk non si è arresa, come non si arrese Leningrado – ha detto Tsarëv al Guardian –. Questa donazione per noi è importante: perché non è solo denaro, ma supporto politico». «Tsarëv – ha commentato poi il soprano – mi era stato presentato come l’unica persona che potesse garantire la consegna dei fondi. La presenza della bandiera non era pianificata e solo più tardi mi sono resa conto di cosa si trattasse». Duro Gidon Kremer, il grande violinista lettone (Paese dove il partito filorusso a ottobre ha vinto le elezioni): «Possiamo concludere solo che si sia trattato di un atto politico e completamente conscio. In ogni caso, un gesto che non aiuta la soluzione del conflitto ». La Netrebko ha anche cittadinanza austriaca e la foto ha particolarmente irritato il governo di Vienna. È solo l’ultima vampa di una stagione che ha avuto uno degli apici l’11 marzo scorso quando cento intellettuali e artisti russi hanno sottoscritto una lettera in appoggio alla politica di Putin in Crimea. Tra le firme il gotha della musica: Valerij Gergiev e Vladimir Spivakov, il violista Jurij Bašmet, il pianista Denis Macuev. «Patriottismo» è la spiegazione ufficiale, ma si dibatte sul fatto se l’endorsement sia dettato da convinzioni, calcolo, paura. C’è chi osserva che tra questi ci sono direttori di grandi istituzioni che dipendono fortemente da finanziamenti governativi. E c’è anche chi solleva lo spettro sovietico, quando la musica era il fiore all’occhiello del regime. «In questo caso – ha commentato il pianista  Ignat Solženicyn, figlio di Aleksandr – con il sostegno schiacciante della popolazione russa per la politica in Crimea, è ovvio che molti degli artisti firmatari erano genuini; ma altri avranno sentito una forte pressione implicita a firmare».  Un’altra star mondiale della classica è particolarmente coinvolta nello scontro ucraino. L’account Twitter di Valentyna Lysycja è NedoUkrainka, termine traducibile in “sub-ucraina”, cioè di condizione inferiore rispetto ai “veri” ucraini: la pianista è infatti nata a Kiev ma è di lingua russa. Nei suoi post quotidiani è sistematica l’allusione al governo e al movimento di Euromaidan come nazifascista e il paragone tra il bacino del Don e Leningrado.  Il campione putiniano è però Valerij Gergiev. Personalità fortissima sopra e giù dal podio (direttore tra l’altro della World Orchestra for Peace), non c’è dubbio che il suo patriottismo sia genuino. Anche attorno a lui i distinguo crescono. In maggio il soprano finlandese Karita Mattila ha detto che non avrebbe più collaborato con lui. Nel novembre scorso Gergiev sarebbe stato dichiarato “persona non grata” al prossimo Saar Festival, con tema la Polonia (che come la Finlandia conosce l’espansionismo russo). Secondo la Bild alla direzione sarebbe arrivata «una chiara indicazione dall’ambasciata polacca a Berlino». Subito smentita, ma è curioso che il 10 marzo la Filarmonica  di Monaco e la violoncellista Sol Gabetta si esibiranno nello stesso programma a Saarbrücken con un maestro polacco e la sera prima a Parigi con Gergiev. La stessa sua nomina a direttore dell’orchestra bavarese, al via nel 2015, ha scatenato a Monaco una bufera tanto politica quanto mediatica. Giovedì il teatro dell’opera di Donetsk ha annunciato di averlo invitato. Il direttore Denisenko ha detto: «Quest’uomo è un eroe. All’epoca dei fatti di Tskhinvali, si recò là con l’orchestra del Mariinskij. Penso che risponderà al nostro invito». Tskhinvali è il capoluogo dell’Ossezia del Sud. Gergiev suonò tra le sue rovine nell’agosto 2008, nel pieno del conflitto tra Mosca e la Georgia. Sul leggio non uno spartito qualunque: la Settima sinfonia  di Šostakovic. La Leningrado.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: