Riconosce foto di biciclette, skyline,
abiti da sposa e berretti universitari, ma quando si tratta dei
volti la tecnologia ha ancora parecchia strada da fare. Ne è una
prova
Google Foto, la piattaforma per archiviare le immagini e
catalogarle grazie a un software in grado di analizzare cosa vi
è raffigurato. Quando ha confuso cani con cavalli ha suscitato
ilarità, così come quando alcune persone di tutte le etnie sono
state scambiate per cani. L'ultimo errore, però, ha fatto
incappare Big G in una pesante gaffe razzista: gli afroamericani
etichettati come "gorilla".
A far scoppiare la polemica è stata la stizzita denuncia, via
Twitter, del programmatore informatico
Jacky Alciné, dopo la
scoperta che il sistema di catalogazione di Mountain View aveva
piazzato la scritta 'gorilla' sotto a una foto che lo ritraeva
con un'amica. Le scuse immediate di Google non sono bastate a
smorzare la notizia, subito rimbalzata sulla stampa online
statunitense e internazionale.
Il primo a scusarsi è stato il chief social architect della
società,
Yonatan Zunger, spiegando appunto che molto lavoro rimane
da fare per perfezionare il software, mentre un portavoce si è
detto "sconcertato e sinceramente dispiaciuto" dell'accaduto e ha
garantito il massimo impegno per evitare simili errori in
futuro.
'Foto' usa algoritmi per riconoscere cosa viene immortalato
negli scatti - dal cibo ai panorami, dagli aerei a una cerimonia
nuziale - in modo da poterli etichettare e organizzare. Il
sistema, per stessa ammissione di Zunger, non sembra ancora
funzionare bene: "Abbiamo avuto problemi con persone di tutte le
razze, etichettate come cani", ha scritto. In attesa di
migliorare la tecnologia, Google ha rimosso l'etichetta 'gorillà dalla app.
Per il colosso fondato da Larry Page e Sergey Brin si tratta
del secondo incidente razzista in meno di due mesi. A maggio la
società aveva dovuto scusarsi per le sue Mappe, dopo la scoperta
che ricerche con termini offensivi nei confronti degli
afroamericani - epiteti dispregiativi come "nigga" e "nigger" -
indirizzavano gli utenti alla Casa Bianca.