La santa con la valigia raccontata a teatro. Lo spettacolo si intitola Matermundi e parla della protettrice dei migranti, Francesca Saverio Cabrini – della quale quest’anno cade il centenario della morte – e va in scena fino al 16 giugno al LabArca di Milano. Il testo è in parte tratto dai diari della suora di Sant’Angelo Lodigiano che attraversò 28 volte l’Oceano, tra il 1889 e il 1912, per assistere e confortare gli italiani in cerca di lavoro a New York e in vari Paesi dell’America Latina nei quali ha costruito per loro scuole, ospedali, orfanotrofi, centri di accoglienza. Un’esperienza dura e affascinante che ha coinvolto, e coinvolge tuttora, anche le suore della congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù da lei fondata.
La drammaturgia scritta da Egidio Bertazzoni assume le forme del monologo a due, con le vicende della religiosa, impersonata da Giulia Lazzarini, alle quali si intrecciano i pensieri sull’emigrazione dell’arcivescovo di Piacenza, il beato Giovanni Battista Scalabrini (Franco Sangermano), che istituì l’ordine dei missionari di San Carlo (i cosiddetti “scalabriniani”) e le storie di uomini e donne costretti a lasciare la loro terra, cent’anni fa come oggi. Contrappunti musicali dal vivo con il coro che canta Amara terra mia e un prologo (di Enrico Bonavera) ispirato alla commedia dell’arte completano il quadro di uno spettacolo che punta lo sguardo sulla necessità dell’accoglienza in nome di un destino comune. «In fondo, fra morire di fame o annegare durante un viaggio della speranza, non c’è tanta differenza» dice Zanni, l’antenato di Arlecchino, nell’incursione che precede il racconto di santa Cabrini. In mezzo, gli inserti: una famiglia alla stazione centrale di Milano dopo un viaggio sul treno Milano-Lecce, gente che arriva dalla Calabria, dalla Sicilia, dalla Sardegna, da Napoli, in luoghi lontani e spesso ostili, le disavventure di due fratelli al confine con la Svizzera costretti a mendicare.
E poi immagini d’epoca proiettate su un maxi-schermo, con la folla di poveretti che attende di imbarcarsi al porto di Genova e una testimonianza che apre alla speranza: chi lavora e riesce a integrarsi bene può affermarsi e raggiungere i suoi obiettivi anche in una terra “straniera”. Come è accaduto al regista Frank Capra, quattro premi Oscar, che all’inizio del Novecento da Palermo sbarcò con i genitori e i sette fratelli a Ellis Island, l’isola nella baia di New York, in cerca di fortuna. Racconta un pezzo della sua storia in uno spezzone di documentario, il figlio del cineasta, Frank Capra jr. Ma Matermundi è innanzitutto madre Cabrini nell’intensa interpretazione della Lazzarini che sa essere lieve e severa, dolce e al tempo stesso determinata mostrando, seduta alla sua scrivania (è quella vera, custodita dalle suore nell’istituto di Codogno) il carattere volitivo della religiosa lombarda. La santa ormai anziana, negli anni in cui viveva a Chicago, racconta di sé: da giovane era ritenuta una «cattivella» per il suo temperamento intransigente, aveva paura dell’acqua da quando, ancora ragazzina, cadde nel Lambro rischiando di affogare. È una donna ma, come le sue consorelle, per fare del bene si accolla lavori da uomini: costruisce edifici, carica masserizie, attraversa le Ande a dorso d’asino. Insegna l’inglese agli italiani, li cura, li istruisce, li fa mangiare. Non sopporta le ingiustizie: ecco la molla della sua vocazione di missionaria. Per questo diceva: «La protezione ai migranti non si discute». Non è portata a fare discorsi ma fa, realizza, con umiltà e accettazione. Fra gli interpreti dello spettacolo, Aldo Stella, gli allievi dei corsi del teatro LabArca e un gruppo di studenti dell’Ics di via Pareto.