sabato 22 ottobre 2011
Le religioni e i non credenti in ricerca, insieme per annunciare il “pace e bene” a un mondo segnato dall’incertezza. Remo Bodei al pellegrinaggio interreligioso, presente anche Benedetto XVI
Il filosofo Remo Bodei

Il filosofo Remo Bodei

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Le religioni, e i non credenti in ricerca, insieme per annunciare il “pace e bene” a un mondo segnato dall’incertezza. Remo Bodei, filosofo, docente all’University of California, rappresenta una delle “novità” del pellegrinaggio interreligioso previsto per venerdì ad Assisi, presente Benedetto XVI. Il papa-teologo ha voluto che alla città di Francesco fossero presenti anche alcuni “non credenti” per rappresentare l’universalità dell’evento che ricorda i 25 anni del primo raduno interreligioso voluto da Giovanni Paolo II.

Professor Bodei, perché parteciperà all’incontro interreligioso di Assisi?
«L’invito mi è giunto tramite il cardinale Ravasi. Ero già stato ad Assisi ad un incontro simile nel 1998 con l’allora premier Massimo D’Alema. Ho accolto tale appello molto volentieri perché il confronto con il sacro e le religioni è sempre interessante. Nessuno è sicuro di quel che succede nel mondo e nella propria vita. Anche la fede è intrisa di dubbio: per questo va portata avanti una comune ricerca della verità. Soprattutto nel contesto attuale in cui il panorama mediatico e la politica sono segnati da un populismo che infantilizza la gente, come denunciato dal film The Truman Show, dove la menzogna sostituisce la realtà. Del resto nella nostra situazione la verità viene concepita come una “torta da spartirsi”, in cui ciascuno prende una fetta a condizione che anche l’altro ne prenda un’altra. Ma questa è una visione della verità degradata a opinione… Invece Benedetto XVI, che stimo per i suoi scritti su Agostino, ha il grande merito di aver sottolineato la valenza “greca” del cristianesimo, ricordando che la fede non è solo intenzione o emozione, ma anche razionalità».

In questa ricerca della verità, credenti e non credenti “pensanti” possono collaborare?
«Mi auguro che, come ha fatto il cardinal Bagnasco a Todi, la Chiesa voli sempre più alto. Non ho mai creduto ai compromessi con quegli “atei devoti” che strumentalizzano la religione. Credo che, dalla Cattedra dei non credenti del cardinal Martini fino al Cortile dei gentili di Benedetto XVI, l’istituzione ecclesiale abbia manifestato la disponibilità a rileggere (senza metterli in discussione) i propri dogmi in rapporto al presente. Papa Gregorio Magno diceva che i testi sacri crescono con la lettura di chi li prende in considerazione. La Chiesa ha i suoi problemi nel rapportarsi con il moderno, sebbene quest’ultimo non sia qualcosa di totalmente positivo. Ma di certo sta affiorando la consapevolezza che, se i dogmi religiosi entrano in contatto con le idee del mondo ed escono dalla loro chiusura, ciò diventa un fatto positivo anche per i “laici”, cioè quei non credenti che non vogliono vivere nella banalità. E non si conformano all’astronomo Laplace quando disse: “Ho scrutato il cielo e non ho visto Dio”. Riscoprire la dimensione del sacro, soprattutto in un periodo di crisi come questo, in cui l’economia e il futuro dei giovani appaiono incerti (noi occidentali diventeremo più poveri), costituisce un lavoro comune per credenti e non credenti, al di là dei colori dei partiti. Qui si situa il giusto ruolo della rilevanza pubblica della Chiesa, senza che essa arrivi a dettare legge. Questa collaborazione è in definitiva benefica per la società».

Assisi richiama la figura di san Francesco. Quale l’eredità del “Poverello” per il nostro tempo?
«Sono un lettore dei libri di Chiara Frugoni, che tanto ha studiato la vita di Francesco. E non condivido le letture di quanti reputano migliore suo padre di lui, ovvero preferiscono l’approccio capitalistico alla scelta di povertà. Del resto, se si legge il Vangelo, si trova un Gesù che vive come un uomo privatosi di tutto, che dorme dove capita, un “vagabondo” molto esigente (“sono venuto a portare la spada”). Insomma, Cristo – e Francesco con lui – porta un radicalismo che anche nel nostro tempo fa bene. Ritengo che nella situazione attuale una riscoperta della spiritualità francescana, all’insegna della povertà, e dell’attenzione ecologica di Francesco siano da salutare con favore»

.Quale messaggio si augura esca dal raduno in terra umbra?
«Penso che l’auspicio del pax et bonum, in un mondo in grande fermento come il nostro (si pensi alla Libia…), sia di estrema eloquenza. Mi auguro venga un appello di pace e un invito a sentirsi in ricerca, tutti gli uomini, nello sforzo comune di salvare l’umanità dalla deriva verso il peggio. Considero questo appuntamento da Assisi come una tappa, uno scalino (Dante parla di Assisi come di “ascesi”) verso una maggior coesione e ricerca di quei valori universali quali i diritti umani, la tolleranza, il rifiuto dello scontro, che ci accomunano come uomini».


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