«Che ci facciamo qui? Per fare ridere. Perché una risata ci salverà». Ficarra e Picone, quelli di Zelig e Nati stanchi, della Matassa e di Striscia la notizia, dell’Ora legale e di tanto altro ancora, si dividono fra il Teatro greco e i laboratori dell’Inda accanto all’ex aula bunker dove si svolgevano i processi di mafia e che oggi ospitano fino a notte fonda le prove delle Rane. Sì, proprio quelle di Aristofane, un testo di 2.500 anni fa, l’atto di accusa contro una classe politica responsabile della caduta di Atene. «È l’archetipo della commedia», puntualizza Salvo Ficarra. «Ci piace cambiare: passare dalla tv, al cinema, al teatro. Questa forma di teatro ci mancava. Ed eccoci qui», aggiunge Valentino Picone. La coppia più gettonata della commedia italiana, capace di farci ridere delle tante cose storte del nostro Paese, si avventura in un viaggio nel tempo, nella comicità classica. Nella suggestiva cavea del teatro di Siracusa, Ficarra e Picone interpretano il dio Dioniso e il servo Xantia nella commedia di Aristofane, Le rane, per la regia di Giorgio Barberio Corsetti, in scena da giovedì 29 al 9 luglio, a chiusura del 53° ciclo di rappresentazioni classiche dell’Istituto nazionale del dramma antico. Un evento, non c’è dubbio. E che vede i due comici palermitani in una veste inusuale, fuori dai loro personaggi.
Sarete Ficarra e Picone, ma non sarete Ficarra e Picone… A parte la partecipazione in Baarìadi Tornatore, è la prima volta che uscite pienamente dal vostro registro…
Picone: «Siamo noi, certo, ma non siamo noi. E per questo è una grande occasione».
Ficarra: «Speriamo di riuscire a fare ridere lo stesso…».
Il testo di Aristofane denuncia corruzione e malaffare, racconta la grande crisi di Atene del 405 a.C.. Nel vostro ultimo film affrontate lo stesso disarmante scenario. L’Italia di oggi come Atene di ieri?
Picone: «Non so se sono uguali. I due lavori inevitabilmente si parlano. Ma non è voluto. Sono nati in momenti diversi per noi. Le rane come tutti i classici sono attuali in tutte le epoche storiche: al centro c’è la decadenza politica e culturale. Io leggo un invito a fare meglio».
Ma siamo messi proprio male…
Picone: «Non dobbiamo dimenticare che in termini di diritti acquisiti l’Europa è molto avanti rispetto ad altri Paesi. Atene era decadente, ma era la culla della civiltà. Bisogna stare cauti nell’assolutizzare. Viviamo tempi difficili, ma non dobbiamo scoraggiarci. Possiamo fare meglio».
D’accordo, Ficarra?
Ficarra: «Possiamo fare meglio, perché peggio di così è difficile fare! Atene era in guerra. E in qualche modo siamo in guerra anche noi: per trovare un posto di lavoro, per vedere riconosciuti i nostri diritti. Vedo una società ripiegata su sé stessa, chiusa nel suo egoismo e nelle sue paure. Nel testo di Aristofane si parla di malcostume, di voltagabbana, 2.500 anni fa come nel 2017. Ad Atene come in Italia. E senza distinzioni geografiche… Noi parliamo spesso della Sicilia, ma Tangentopoli è scoppiata a Milano».
Per Aristofane il problema è culturale.Tanto da riportare nella terra un grande poeta, come Euripide o Eschilo…
Picone: «È questa la grandezza di Aristofane. Manda Dioniso all’Ade a prendere non un condottiero, non a trovare la formula magica, ma un poeta. Perché per combattere la decadenza politica e sociale, bisogna prima combattere la decadenza culturale. La cultura crea politici all’altezza. E politici all’altezza scrivono leggi all’altezza».
Ficarra: «In un tempo in cui era la guerra a muovere i popoli e i regni, Aristofane si affida alla cultura. Perché è una questione culturale se ancora c’è chi parcheggia nei posti per i disabili. Prima di tutto dobbiamo cambiare le teste… E per cambiare le cose, dobbiamo cambiare tutti».
La leva che muove lo spettacolo è la comicità. Voi come Aristofane: ridere per non piangere?
Ficarra: «Sì, ma non titolate “Ficarra e Picone come Aristofane”, perché allora si ride di brutto».
Picone: «Aristofane è collega di tutti quelli che hanno fatto e fanno commedia. Il senso lo dice il Corifeo in apertura: “Questa sera parleremo di cose divertentissime, ma anche di cose serissime”. Nella commedia c’è sempre l’alto e il basso. Ci può essere una comicità impegnata, ma il comico deve pensare innanzitutto a fare ridere, partendo dalla realtà, ribaltandola, deformandola, esasperandola. E può capitare che in questo gioco si azzecchi pure la verità. Ma deve essere un incidente di percorso. Il fine è la risata».
Una risata ci salverà? O ci seppellirà?
Picone: «Ci salverà».
Nel 2012 Ronconi sollevò molte polemiche con la sua attualizzazione... Le vostre Rane, come saranno?
Ficarra: «Saranno fedeli al testo di Aristofane. Sotto la guida di un maestro, Barberio Corsetti, che ci sta insegnando tanto, capace di tirare fuori il meglio da ciascuno di noi e di fare squadra».
Picone: «Il testo è così attuale da solo. E fa ridere così com’è. Una comicità anche sboccata… Mi toccherà persino fare una pernacchia al centro del teatro greco. Ci pensate? Ma se lo scrive Aristofane… E poi come dice De Filippo, “C’è pernacchia e pernacchia”».
Voi oggi chi riportereste in vita per “salvare” l’Italia?
Picone: «Una cosa che ci siamo chiesti anche noi. E la risposta è Sciascia. Un grande intellettuale».
Ficarra: «Che aveva anche un visione politica. Sapeva stimolare la società, alimentare il dibattito. Un intellettuale onesto che diceva cose anche impopolari, ma che facevano pensare».
Quanto è importante Striscia per voi e il vostro percorso “politico”?
Ficarra: « Striscia ci ha permesso di vedere tutti i giorni, per tanti anni, il peso della burocrazia, il menefreghismo politico, la sofferenza della gente, talmente sfiduciata che non si rivolge più al comune, allo Stato, alla Polizia, ma chiama Striscia. Perché non vede altra soluzione… ».
Picone: «Un laboratorio meraviglioso».
Che va avanti da dodici stagioni. Facciamo tredici?
Picone: «A Ricci piacendo…».
Aspettando Ricci, vi muovete a Siracusa nelle parti di un dio e del suo servo… Ficarra, che dio è?
Ficarra.: «Opportunista, cacasotto, cialtrone , furbo. Un po’ simile a certi politici italiani».
Picone: «Sì, un dio fifone. Uno che sceglie di scendere fra i morti e poi se la fa sotto».
Ficarra: «Invece lui…»
Infatti, come’è Xantia?
Ficarra: « Un servo in posizione concava o convessa in base a come gli conviene. Anche lui molto italiano».
Picone: «Diciamo che è un cane che non conosce padrone. Che il padrone ce l’ha ma non vorrebbe averlo, ma nello stesso tempo gli serve. E a cui Dioniso non paga i contributi...».
Ficarra: «E certo, non ci penso proprio…».
Vista ormai la vostra “esperienza” politica, non avete mai pensato di candidarvi? Nella vostra Palermo Orlando corre da solo…
Picone: «Ah, perché ha vinto lui? Qua siamo presi dalle prove… Sì, in effetti… vedrei Ficarra sindaco e io vicesindaco, certo. Con Pippo Baudo presidente della Repubblica e Fiorello presidente della Regione».
Ficarra: «Così se non combiniamo niente, almeno ci ammazziamo dalle risate… Mi piacerebbe occuparmi direttamente della città, ma non è il mio mestiere. Penso comunque che il modo migliore per farlo è di scontentare tutti».
In Sono cose che capitano portavate in scena, sempre ridendo, temi nobili, dall’amore alla morte. Con un toccante testo su don Pino Puglisi, “zio Pino” e il suo “troppo amore”.
Picone: «Lo spettacolo affrontava in maniera comica l’amore, la morte e la nascita. E poi c’era un epilogo su don Pino, che ha incarnato questi tre aspetti: l’Amore meraviglioso a tutti quanti; la Morte, perché a quanto pare è stato ucciso (ma per noi è sempre vivo); la Nascita, perché nella cristianità, la morte è una ri-nascita».
Ficarra: «Si dice... don Pino, il prete antimafia: ma che vuol dire? Lui compiva il suo dovere. Quello che dovremmo fare tutti. Era un prete, e donava amore… Aveva scelto di dedicarsi anima e corpo agli altri. L’amore cristiano. Fino all’ultimo: il sorriso a quell’uomo che lo stava uccidendo è di una forza immensa, lo ha indotto a pentirsi. “Quel sorriso non mi fa dormire, mi sta scavando dentro”… dirà ai magistrati».
Lo avete conosciuto?
Picone: «È stato il mio insegnante… Ma non ne parlo mai. Quello che dovevamo dire lo abbiamo messo nel pezzo. Il resto è una lezione che tengo nel mio cuore, come un tesoro ».
Ficarra: «Ci insegna a darsi per gli altri. E in questo mi ritrovo ad ascoltare le parole di papa Francesco, quando ci richiama ad essere vicini a chi ha meno, agli ultimi. Lui apre le porte ai clochard. Un’inversione di rotta che fa sperare. Purtroppo una rondine non fa primavera»
Picone: «Sì, è un Papa che senti vicino, molto moderno, di una Chiesa accogliente, aperta a tutti. AStriscia, scherzando, dicevamo sempre: “Santità, quando vuole chiamarci... Ci dica quello che vuole, che possiamo fare…”. Ce l’aspettavamo seriamente...».
Vedremo il prossimo anno…
Picone: «Chissà».
Ficarra: «Intanto facciamo Le rane. E poi finalmente andremo in vacanza: è da due anni che non ci fermiamo neanche un giorno»
Che per due Nati stanchi… Destinazione?
Ficarra: «Sempre Sicilia. Ci vengono da tutto il mondo pagando… E noi che ce l’abbiamo gratis… Che dice?».