Fiorello in abiti da scena di don Matteo al Festival di Sanremo - Ansa
Riceve la notizia sul cellulare e la annuncia in diretta ai giornalisti assiepati in conferenza stampa: “Il vescovo di Sanremo ha benedetto la mia gag nei panni di don Matteo. Sono felice, lo dico davvero”. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, intervistato da AdnKronos ha infatti “assolto” Fiorello, che ieri ha aperto il Festival vestito da prete rivolgendosi a “fratelli e sorelle” in mondovisione. Così per un attimo Fiorello interrompe il suo improvvisato “one man show” e diventa serio: “Veramente mi fa tanto piacere. In fondo la tonaca per me era un abito di scena, esattamente come per ‘Don Matteo’: ho vestito lo stesso abito di uno dei programmi più visti della Rai”. Il mattatore del Festival poco prima aveva fatto irruzione in conferenza stampa senza preavviso, sorprendendo anche Amadeus, il direttore di Rai 1 Stefano Coletta e le tre donne co-conduttrici della seconda serata (Laura Chimenti, Emma D’Aquino, Sabrina Salerno). Ha portato allegria e scompiglio, ma ora è sorpreso: “Ringrazio il vescovo, meno male! Tanto più che io da piccolo volevo fare il sacerdote – e di nuovo non scherza –, stavo sempre in oratorio, sinceramente desideravo diventare prete”.
Poi riprende il suo fuori programma e anche l’umorismo: “Soprattutto sono contento per mia mamma, che ieri sera mi ha chiamato tutta preoccupata dalla Sicilia: figghiu miu, che facisti, da parrinu ti vestisti? Pecché lo facisti? Non si fa, poi cosa dice il Papa? Mia mamma è molto severa, guai a scherzare su queste cose”.
In realtà l’abito – è il caso di dirlo – non fa il monaco. Non basta cioè indossare una tonaca per meritarsi l’accusa di aver messo in scena dissacranti parodie, ciò che invece è passato è il messaggio positivo, seppure col sorriso scanzonato di Fiorello: quell’appello alla pace e l’invito al pubblico dell’Ariston a stringersi la mano come a Messa, accolto persino da qualche giornalista in sala stampa. Così lo ha interpretato anche il vescovo di Ventimiglia-Sanremo: "Si è trattato di uno sketch in stile sanremese – ha commentato –, con un Fiorello molto simpatico che ha utilizzato ironia e parole di delicatezza".
Non altrettanto per la scelta di far esibire questa sera il trapper Junior Cally, che avrà pure calato la maschera con cui si copriva il volto ma, sempre perché l’abito non fa il monaco, resta ineluttabilmente l’autore di “Strega” (2017), la discussa canzone istigatrice alla violenza sulle donne con tanto di video-istruzioni: “Non tocca a me stabilire chi debba salire o meno sul palco dell'Ariston e non conosco il testo che porta a Sanremo – continua il vescovo Suetta – ma ci sono contenuti di una tale violenza e insulsaggine che oscurano ogni pretesa o velleità artistica. E penso che i giovani abbiano bisogno di riferimenti ai quali attingere. Ognuno dovrebbe sapere valutare quali lo sono e quali no".
Lo hanno definito il Festival delle polemiche (e quando non ce ne sono?), ma come ogni anno è anche il Sanremo dei messaggi positivi. E non occorre risalire al toccante monologo letto la prima sera dalla giornalista Rula Jebreal, tesissima e più volte sull’orlo del pianto mentre rievocava la sua infanzia in orfanotrofio dopo che sua madre, vittima di stupro, si è tolta la vita dandosi fuoco quando lei era una bambina di cinque anni: “Questa sera salirà sul palco Paolo Palumbo, la cui storia di coraggio mi ha molto impressionato”, ricorda infatti lo stesso direttore Coletta riferendosi al 22enne sardo malato di Sla, che canterà la sua canzone “Io sono Paolo” grazie a un lettore ottico che “legge” le sue parole attraverso il movimento delle pupille sul monitor. “La dimensione familiare è presente soprattutto in storie forti come la sua. Paolo Palumbo riesce ad avere un quotidiano di senso grazie ai suoi genitori e al fratello, tutti qui dalla Sardegna insieme a lui. Ogni individuo è espressione del suo fare parte di un nucleo familiare”.
Tra breve Sanremo 2020 andrà in scena con la seconda serata e sullo stesso palco ci saranno entrambi, il coraggio di Palumbo e il volto smascherato di Junior Cally, al secolo Antonio Signore.