sabato 25 ottobre 2014
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Lo sci italiano è ricco di fratelli e sorelle, di figli d’arte e di coppie. Le Fanchini, però, rappresentano un fenomeno unico nella storia dello sport, perché sono tre: Elena ha 29 anni, Nadia 28 e Sabrina 26. E quel cognome nella Coppa del mondo di sci che riparte oggi, c’è dal 2003. «Tutto merito di papà Sandro – racconta Elena – da una vita si occupa degli impianti di risalita a Montecampione, nel Bresciano: lui ci ha avvicinate alla neve, mentre mamma Giusy stava a casa e ci cresceva».Gli sci e la squadra azzurra, ma le tre sorelle sono accomunate anche da infortuni gravi, ai legamenti crociati delle ginocchia. «Un primo mi capitò a 19 anni – continua Elena –, nel 2004. L’anno dopo a Santa Caterina Valfurva vinsi l’argento mondiale in discesa e fu in assoluto il primo podio, poi mi dedicai anche al SuperG. Nel 2008 la rottura dei legamenti mi fece perdere praticamente due stagioni, fra stop e ritorno alla migliore condizione».Nadia è la più completa, ha talento per discesa e SuperG, dosa le forze ma è competitiva pure in gigante. Ebbe persino problemi al cuore e per ottenere l’idoneità dovette sottoporsi a un intervento a una valvola. «Prima dell’Olimpiade di Vancouver, nel gennaio 2010, sono caduta male in discesa a St. Moritz e saltarono i crociati di entrambe le ginocchia. E un anno dopo, al rientro, come semplice apripista, a Cortina d’Ampezzo l’atterraggio da un salto mandò in pezzi un altro legamento: così persi una seconda stagione», racconta. In ritiro sono generalmente in camera assieme, ma non in tutte le tappe di Coppa del mondo, poiché a differenza delle sorelle Sabrina gareggia principalmente nelle specialità tecniche. Ai Mondiali, invece, Nadia ha fatto doppietta: bronzo in discesa in Val-d’Isère nel 2009 e argento a Schladming 2013. «Non posso forzare troppo con la velocità, anche per questo sono passata al gigante, con il quarto posto all’olimpiade di Sochi».Sabrina, invece, è arrivata al grande sci più tardi, pratica i due slalom e vanta piazzamenti fra le migliori 20. «Anch’io sono caduta in allenamento, il vero rientro è in questi giorni. Ci siamo sempre date forza reciproca, per non mollare».L’altro propellente formidabile è la fede, soprattutto per Nadia, fidanzata con un tecnico della nazionale giovanile, Devid Salvadori. «Siamo cresciute così – racconta lei –, con l’abitudine familiare di andare a messa, la domenica. Se sono a casa, mi piace seguirla in parrocchia, alla San Bernardino di Lissone. Diversamente vado in chiesa dove capita, persino in Argentina, magari senza comprendere benissimo la lingua».Il circo bianco alimenta personaggi da copertina, come le americane Lindsey Vonn (infortunata) e Julia Mancuso, la slovena Tina Maze. «Anche nel nostro mondo però esistono valori – sostiene la Fanchini “intermedia” (come età) –, non è tutto come si vede. Le difficoltà fisiche insegnano, le persone giuste danno una mano, facendo maturare tante esperienze. In gara non si è da sole, non va sempre bene e allora un supporto è utile. In squadra si parla di tutto, emergono pure i valori».Lassù, al cancelletto, l’ansia prima della gara sale, può emergere il timore di farsi male. «Qualcuno si segna, cercando protezione dall’alto, ma è tale l’adrenalina della gara che si pensa alla successione delle porte».Nello sci l’unico esempio di tre sorelle viene dalla Norvegia con le Løseth: Mona si è appena ritirata, proseguono Lene e Nina, lontane, però, dai primi posti. «Noi – si inserisce Sabrina – siamo cresciute insieme, neanche abbiamo mai pensato a un’alternativa allo sci, neppure per il dopo carriera». Le tre Fanchini hanno studiato all’istituto per geometri, nessuna l’ha concluso: Elena si è fermata in 4ª, le minori al termine del secondo anno, magari si prenderanno il diploma a sci appesi. «E solo con lo sci non si diventa certo ricchi – afferma Elena –. Ormai non ci sono soldi, vengono tutti calamitati dal calcio. Per fortuna noi siamo nei gruppi sportivi militari». Elena è finanziere, dunque nelle Fiamme Gialle, Nadia e Sabrina nell’Esercito, ma in squadra sono rappresentati anche gli altri corpi militari. Già, la squadra. Intervistando soprattutto i maschi, emerge l’individualismo dello sci alpino. «Ognuno pensa per sé – conferma Nadia –, la squadra peraltro è alleata e quando arrivano buoni risultati fa da traino per tutti. Gli obiettivi? Meglio non dichiararli, però ci prepariamo per essere al top, siamo ambiziose e abbiamo voglia di lasciare correre gli sci. I Mondiali saranno come sempre nella seconda parte della stagione, a Vail-Beaver Creek, negli Usa, il primo traguardo è qualificarsi, dunque far bene in questi mesi in Coppa del mondo».Lo sci italiano è ora nelle mani di tre uomini. «Il presidente Flavio Roda – continua Nadia – è molto importante perché ascolta e risolve i problemi. Il ct vero e proprio non c’è più, siamo seguite da Livio Magoni, responsabile delle discipline tecniche, e dal ds Massimo Rinaldi». Questa triade ha il compito di far dimenticare Claudio Ravetto, che ha portato molti podi ma non abbastanza vittorie, secondo la federazione. Il trio di sorelle, invece, vuole riverberare una storia unica.
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