Ezio Greggio - Foto Rossana Calò
«Certo che c’è bisogno di un sorriso, in questo momento è utilissimo anche attraverso le commedie, il buonumore e una visione ottimistica del futuro». Ci crede fortemente Ezio Greggio, popolare conduttore di Striscia la notizia, comico, cabarettista e organizzatore da 18 anni del 'Monte-Carlo Film Festival de la Comédie', di cui è presidente, che ha preso il via lo scorso 31 maggio per concludersi il 5 giugno. Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia, Ezio Greggio è riuscito ad organizzare sia l’anno scorso che quest’anno una kermesse dedicata alle migliori produzioni comiche mondiali, film e cortometraggi. Un festival che dà uno spaccato estremamente variegato della società globale e delle sue evoluzioni attraverso il 'sense of humour' di Paesi diversissimi fra loro, dagli Stati Uniti all’Oriente fino al continente africano. L’Italia quest’anno sarà presente, oltre che col presidente di giuria Raoul Bova, anche con l’attesa anteprima assoluta della commedia Benvenuti in casa Esposito di Gianluca Ansanelli tratto dal libro di Pino Imperatore che ha il coraggio di prendere in giro la camorra. Mentre viene dato spazio al cinema al femminile con 3 film del concorso diretti da donne, Deadly Cuts dell’irlandese Rachel Curley, Honeymood dell’israeliana Talya Lavie e Ladies of steel della finlandese Pamela Tola.
Ezio Greggio, non deve essere stato semplice organizzare un festival dedicato alla comicità durante un periodo di buio come questo.
Io vengo dall’esperienza dello scorso anno: siamo stati fra i pochissimi Festival ad aver fatto una manifestazione live rispettando tutte le norme. Quest’anno la facciamo con la stessa organizzazione. Il pubblico che verrà a vedere i film sarà in sicurezza: abbiamo il tutto esaurito, la gente ha voglia di uscire, di ritrovare la propria libertà. Avrà così l’opportunità di vedere in sala i film bellissimi che abbiamo selezionato. Ci sono arrivati da tutto il mondo ben 130 film da cui abbiamo selezionato la quindicina finale.
Una sorta di riscatto per il genere della commedia, storicamente snobbato dai grandi festival del cinema?
La commedia è la più amata da sempre. Lo diceva anche Mario Monicelli quando abbiamo fondato insieme il festival di Monte-Carlo. Quella italiana ha fatto storia. I festival un tempo avevano questa difficoltà ad ospitare le commedie, ed è lì che ho iniziato battaglia 18 anni fa e credo di essere stato un apripista. Adesso anche a Cannes, a Berlino, agli Oscar e ai Nastri d’Argento le commedie vengono premiate.
Che spaccato sociale emerge dalle commedie di oggi? Chi fa il mio mestiere sa che la comicità deriva dalla vita che stai vivendo, si cerca di trarre spunto dall’attualità. I comici americani prima prendevano di mira Trump, ora fanno la parodia di Biden. Ho visto quest’anno tante storie sul cambiamento dei rapporti di coppia fra uomo e donna. Ad esempio nella commedia irlandese Ladies of steel una signora di 75 anni tira una padellata in testa al marito alcolizzato e violento e, credendo di averlo ucciso, prima di andare a costituirsi parte per un viaggio con le sue due scatenate sorelle a conquistare una libertà che aveva perso negli anni.
A proposito di donne, resiste il pregiudizio sulla loro capacità di fare ridere.
Le donne registe sono bravissime, ne ho già avute in passato al Festival che parlavano di problemi sociali e interpersonali. Quest’anno non per scelta di quote rosa, ma per rimarcare la stessa abilità delle donne rispetto all’uomo nel cinema, abbiamo quattro giurate, fra cui l’attrice Sara Forestier, e premiamo la bravissima Micaela Ramazzotti. Le attrici battono sovente in spessore gli uomini. Io ero molto amico di Anne Bancroft, una donna meravigliosa capace di entrare totalmente tanto nei personaggi drammatici quanto in quelli comici.
Talvolta, quando la commedia è ben riuscita, è capace anche di trasmettere con efficacia valori importanti?
La maggior parte delle centinaia di pellicole passate da noi in questi anni, hanno portato un messaggio estremamente positivo. Quasi tutte hanno un risvolto finale che porta a vedere il lato umano delle storie. Abbiamo in concorso un cortometraggio spagnolo delizioso: in un ospedale un bambino malato terminale, vorrebbe vedere il nuovo film tratto dal suo cartoon preferito, ma non può uscire dall’ospedale. Allora i medici guardano il cartone e girano loro stessi, in maniera amatoriale e rocambolesca, la loro versione preparandogli un dvd. Il messaggio è commovente, ti fa ridere e ti fa pensare insieme. Molto divertente è anche Benvenuti in casa Esposito di Ansanelli, ambientato al Rione Sanità, che gioca sulle classiche chiavi della comicità napoletana: c’è una famiglia di camorristi in cui il figlio deve prendere il posto del padre, un boss deceduto, ma lui proprio non ne vuole sapere perché non è capace.
Come vede il cinema italiano di oggi?
C’è una nuova generazione di registi e attori molto interessante, sia nei film drammatici sia nella commedia. Penso a uno come Giovanni Veronesi che ha raccontato tantissima storia sociale di questi ultimi 20 anni, ma anche a tanti altri.
Certo, la pandemia ha penalizzato pesantemente anche il mondo del cinema.
Secondo me le sale dovevano rimanere aperte col distanziamento. Dopo il primo lockdown bisognava permettere ai teatri, ai cinema e ai lavoratori del mondo musicale di riaprire. Le lunghe chiusure hanno ammazzato un mondo, gli addetti al lavori sono tutti a casa e tante sale non riapriranno. Le nuove piattaforme? Certo, fanno un’opera meritoria, aiutano il cinema a mantenersi vivo. Però non dobbiamo dimenticarci che il cinema va visto in sala, bisogna continuare ad andare al cinema perché è un luogo di aggregazione.
Invece Ezio Greggio, come ha sentito la responsabilità di portare un sorriso nelle case degli italiani ogni sera con Striscia la notizia in questi mesi così difficili?
Il nostro mestiere è una piccola missione. Noi aggiungevamo un po’ di calore e dopo ogni sorriso lanciavamo messaggi di speranza, anche quando sapevamo che migliaia di persone venivano a mancare a causa di questo maledetto virus. Di questa esperienza sono contento perché Enzo Iachetti ed io abbiamo ricevuto una marea di messaggi da parte della gente, molti dicevano «grazie che siete tornati».
Grazie glielo dicono anche molti genitori, immaginiamo, per il suo impegno per i bambini nati prematuri.
L’Associazione Ezio Greggio dal 1995 è impegnata a favore dei neonati prematuri. In 25 anni di attività abbiamo donato incubatrici a 70 ospedali italiani, contribuendo a salvare 15mila bambini. Da alcuni anni ci occupiamo anche dei Paesi stranieri, quest’anno in particolare del Libano che è in grande crisi, dove abbiamo inviato due respiratori oltre a vestiti e materiale sanitario. Chi fa il mio mestiere, ad un certo punto deve dare indietro un po’ di quel tanto che ha ricevuto.