Ezio Bosso, compositore e direttore d'orchestra
Tobia si avvicina lento, trascinando le lunghe orecchie per annusarti un piede, mentre Flora osserva l’intrusa svogliatamente con il muso schiacciato sul grande tappeto persiano al centro dell’ampio salone. «Quell’altro è Blu. Sono i miei trovatelli e sono dei pigroni» ci indica Ezio Bosso, seduto al suo pianoforte a gran coda Steinway («il mio fratellone, quello che mi ha salvato la vita») mentre il terzo dei suoi enormi bassett hound si allunga sul divano. Benvenuti a casa Bosso, nel centro storico di Bologna dove il maestro vive quando non è a Londra, dove risiede. Un’oasi di quiete, inondata di luce, ricavata da un ex tempio massonico con tanto di loggia che incombe sul pianoforte dove tutte le mattine appena sveglio il maestro inizia a suonare l’amato Bach. «È la mia disciplina» spiega.
Purtroppo la tranquillità di questo luogo, dove si respira fisicamente la musica con le partiture sempre pronte ovunque, dal letto alla sala, non riesce a tenere fuori dalla porta le delusioni. L’altro giorno Bosso ha annunciato le dimissioni da direttore ospite principale del Teatro Comunale di Bologna (ruolo che ricopriva dallo scorso dicembre) dopo essere inconsapevolmente finito in mezzo a una bega sindacale interna. Cinquantuno orchestrali con una lettera aperta al Resto del Carlino hanno lamentato che i musicisti che il maestro Bosso incontra regolarmente, e che farebbero scelte a nome dell’Orchestra, invece non la rappresentano. Nonostante l’appoggio del sindaco di Bologna Virginio Merola e del sovrintendente Nicola Sani, Bosso ha preferito evitare altre incomprensioni. «Non ho il fisico per le fondazioni liriche – ironizza l’artista affetto da una patologia neurodegenerativa – . Confermo il mio impegno a continuare la collaborazione e il lavoro con il sindaco per la città e la cultura come valore. I miei progetti a Bologna, come il mio concerto in Piazza Maggiore del 5 giugno previsto per le giornate del G7 Ambiente, vanno avanti con lo stesso entusiasmo di sempre». Ma senza l’Orchestra del Comunale con cui l’armonia si è rotta. Bosso comunque aprirà la lunga serie di concerti estivi sul podio delle migliori orchestre italiane a Mantova il primo giugno per il festival Trame sonore, dirigendo l’Orchestra da Camera di Mantova, con cui ha uno stretto rapporto d’amicizia sin dagli anni ’90 quando, non ancora 18enne, ne fu primo contrabbasso. A seguire dirigerà anche l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia il 12 luglio a Roma Cavea, l’Orchestra del Teatro San Carlo il 18 luglio alla Reggia di Caserta e ad agosto l’orchestra regionale siciliana a Palermo.
Resta, però, l’amaro in bocca proprio perché il Bosso sul podio è da sempre convinto «che la musica si fa soltanto tutti insieme e bisogna suonare “con” l’orchestra, anziché dirigerla. Io sono un abbadiano. Alcune cose in cui credo me le ha spiegate proprio Claudio Abbado quando avevo 20 anni». Ed è proprio nel suo nome che Bosso diventa oggi ambasciatore di Mozart14, l’associazione presieduta dalla figlia di Abbado, Alessandra, che promuove laboratori musicali per bambini ricoverati in ospedale, per giovani coristi adolescenti con e senza disabilità, per i detenuti del carcere Dozza di Bologna (il 17 giugno concerto aperto alla città del coro Papageno) e per i giovani reclusi del carcere minorile del Pratello. «In musica vale il fare, non è solo intrattenimento ma è crescita, capacità di ascoltare, di poter condividere – spiega aprendosi in un sorriso il musicista e compositore –. Portare bellezza a chi vive nei luoghi più estremi sigifica dire: “per me voi siete persone”. La musica è per tutti». Come per tutti sono le lezioni aperte che il maestro terrà dal 20 al 22 giugno a Palazzo Barolo a Torino. Mentre a Mantova, il primo giugno, Bosso dirigerà in piazza Santa Barbara la Sinfonia n. 8 di Schubert, dedicandola proprio a Mozart14.
«La musica cambia davvero la vita» è lo slogan di Bosso e della Abbado che si dice felice di «ritrovare un fratello con cui ci conosciamo da tempo, e con cui condividiamo obiettivi e valori». Come quello di gettare il cuore oltre l’ostacolo, senza risparmiarsi. «Mi piace vivere, non avere dei giorni in più – confida con voce dolce l’artista –. Faccio persino troppi concerti, dopodiché la pago, perché non sono Superman. Il credere trascende ogni limite, come dimostrano gli antichi martiri cristiani. Io nella musica ci credo, nella vita ci credo, nel fare per gli altri ci credo. Anche se ho mezzo corpo che funziona al 70 per cento e se ho le dita che si slogano quando suono il piano. Ed ora torno finalmente a dirigere dopo 7 anni».
Perché il passaggio a Sanremo ha fatto conoscere il Bosso pianista al grande pubblico, mentre in realtà la sua vera carriera internazionale è quella di direttore d’orchestra, nata dopo gli studi all’Accademia di Vienna. «Il mio obiettivo è far conoscere la musica alle persone. Ai miei concerti vengono a sentire me, ma in realtà incontrano Beethoven, Bach e Brahms». Dopo l’incidente del 2010 Bosso non pensava di poter tornare più sul podio, fino al giorno in cui gli amici dell’Orchestra Filarmonica della Fenice di Venezia lo andarono a trovare per proporgli di tornare a lavorare con loro. «Era il 2015 e non sapevo ancora se sarei riuscito a dirigere un programma intero» ricorda Bosso. Ma nonostante per lui quello del direttore d’orchestra «sia il mestiere più difficile del mondo, fatto di studio continuo», il maestro ce l'ha fatta e il risultato è stato un esaltante concerto alla Fenice nel novembre del 2016, col violinista Sergeij Krylov. Raccolto ora nell’album Ezio Bosso. The Venice concert che uscirà il 26 maggio per Sony Music, contiene la Sinfonia n.4 “Italiana” op. 90 di Mendelssohn, il Concerto Brandeburghese n. 3 di Bach e il primo concerto per violino e orchestra Esoconcerto composto da Bosso. Che spiega: «Ogni album vuole essere un viaggio nel tempo, in cui la responsabilità nostra è di fare la musica in modo impeccabile, curando ogni dettaglio. Le note sono l’ultimo gesto di una persona che comprende il suo tempo, il suo pensiero e il suo sentimento. Una nota – conclude – contiene la vita. Io prendo quella nota e riporto tutto quello che le sta dietro. Bisogna ricordarsi che la musica è vita. Crederci serve a creare nuovo pubblico, un nuovo entusiasmo e non avere più paura di questa musica che invece fa del bene. Perché la musica entra nella pancia, passa per il cuore e poi fa muovere la testa».