Nello stereo intanto, gira il cd Sunrise («un’alba interiore che spero inizi per tutti» dice) il suo nuovo album in uscita oggi, registrato con l’Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova da lui diretta. Il compositore debutterà in concerto col prestigioso ensemble il 14 novembre nel teatro genovese. A seguire il 15 novembre sarà a Firenze, il 18 a Bologna, il 19 a Milano (agli Arcimboldi), il 28 a Roma (Auditorium della Conciliazione). Ritrovandotelo davanti sorridente, l’aria da eterno ragazzo un po’ gigione (eppure gli anni sono ormai 43) che tanto piace ai giovani, maglietta nera e jeans, non diresti che il pianista italiano che ha venduto milioni di copie dei suoi cd in tutto il mondo, sia appena uscito da un periodo di crisi totale, umana e artistica.
Tutto cominciò nel 2008 quando in una intervista il violinista Uto Ughi lo attaccò dicendosi «offeso dal successo di Allevi». «Quelle critiche mi hanno distrutto, soprattutto perché furono seguite da una valanga di attacchi da tutte le parti, musicisti e critici musicali. Mi sono sentito solo», racconta l’autore marchigiano. E, quindi, comincia a spiegarci brano per brano, muovendo a tempo le mani per aria («dirigere, questo è il Paradiso» esclama) come ne è uscito aggrappandosi alla musica. Il risultato sono 70 minuti di energia divisi in due parti. Nella Fantasia concertante per pianoforte e orchestra Allevi al piano dialoga con gli altri strumenti, mentre ne La danza della strega - Concerto per violino e orchestra in fa minore il compositore dirige l’orchestra nella sua prima opera per violino con il giovane solista polacco Mariusz Patyra, vincitore a Genova del premio Paganini.
Allevi, questa composizione è anche una sfida?
Veramente è la mia rinascita. Dopo l’incertezza, l’artista ha il dovere di scorgere il cielo oltre le nuvole. Direi però che un momento di difficoltà è quasi necessario perché da lì possono scaturire idee nuove. Insomma, i vecchi meccanismi si inceppano, occorre rimboccarsi le maniche
Lei però è sempre stato consapevole che il mondo accademico non l’ha mai troppo amata.
Guardi, sono stato attaccato verbalmente persino dagli studenti del Conservatorio di Milano che ho frequentato. È stato uno choc doloroso, ho sentito minata la mia stessa personalità. Ho pensato «Deve esserci un errore». Mi sono sentito un reietto perché esco fuori dagli schemi di certe lobby. Quelle con lo sguardo rivolto al passato, che santifica il mito. Mozart, Bach sono dei pilastri, delle certezze. Ma hanno un limite: non hanno un collegamento col presente. Io sto semplicemente cercando di comporre una musica classica contemporanea che abbia a che fare con la realtà di oggi».
In qualche modo il successo le si è ritorto contro.
So solo che la conseguenza è stato un blocco completo della creatività. Avevo la sensazione che il compositore in me fosse finito, mentre nel frattempo il successo come pianista continuava impetuoso. Nel 2010 ero in tour in Giappone, teatri tutti esauriti, fans che mi chiedevano l’autografo e io li osservavo depresso pensando: «guardate che quel Giovanni lì non c’è più». Poi, mentre dormivo in aereo verso Osaka ho avuto un incubo. Ho avuto una collutazione fisica con una strega, mentre in sottofondo sentivo una melodia di violini. Quella melodia è diventata il nucleo della nuova composizione. Sembra incredibile? Beh, diciamo che l’inconscio lavora per conto suo.
In quei momenti di vuoto, cosa l’ha aiutata nel profondo?
Ho pregato Dio, ma non perché facesse passare quel brutto momento, ma affinché mi aiutasse ad accettare quello che stava accadendo. È una lezione che ho imparato dalle persone che soffrono, dagli incontri che ho avuto durante i concerti. Ci sono i genitori di certi ragazzi disabili che esprimo una immensa gioia di vivere, nonostante tutto. Ecco, in quei momenti tristi ho pensato a loro.
E come ha espresso questi sentimenti in musica?
Sunrise è la mia Divina Commedia personale. Nel senso che affronto i labirinti dell’inconscio dell’uomo. Con la vibrazione dei violini affondo nelle passioni umane, la definisco la parte rossa del disco. Mentre il timbro del pianoforte mi porta naturalmente all’elevazione spirituale, quella è la parte azzurra. Nel concerto, al contrario dell’album, si inizia dalla parte più tormentata e umana per passare poi a quella più elevata e rarefatta, fino a una chiusura che ci riporta alla realtà, ma nuovi e rigenerati. In questo mi è stata di grandissimo aiuto l’Orchestra del Carlo Felice, composta da maestri eccezionali.
L’impressione generale della sua composizione non è, comunque, di tristezza.
Nonostante il fa minore sia una tonalità che esprime tristezza, seguendo l’esempio di Mozart tento di dare una sensazione di positività e di vitalità. C’è anche un momento oscuro nella partitura, ma se l’oscurità fosse fine a se stessa non avrebbe senso. È necessario che dall’oscurità emerga la luce.
Poi c’è lei di nuovo al pianoforte.
Dopo tanto tormento, infatti ecco Sunrise , l’alba. Segue Mandela, un brano fortemente ritmico, ispirato all’Africa come terra di movimento e di vita, e intitolato al leader sudafricano, un grande uomo che ha voluto il cambiamento, ma con metodi pacifici. Di seguito Symphony of life che è un inno alla quotidianità dell’individuo, perché non esiste la persona comune: tu sei il meglio anche quando vai a fare la spesa. La quotidianità non è mai banale, dipende da come la affronti. Si passa poi a Elevazione dove le note diventano rarefatte, si vola nell’infinito osservando dall’alto le nostre passioni. E poi si ridiscende quietamente nella vita reale con il romantico Hearth of snow, dove passione e razionalità si fondono in un equilibrio vicino al cuore dell’uomo.
Lei l’equilibrio l’ha trovato?
Io sono sempre squinternato per natura. Ma pochi giorni fa è nato il mio secondo figlio, Giorgio. Il mio equilibrio lo ritrovo lì.