Robert Carsen sta bene attento a non lasciarsi sfuggire nulla su come sarà il suo Don Giovanni di Mozart che il 7 dicembre inaugurerà la nuova stagione del Teatro alla Scala. Resta sul vago. «Don Giovanni non si può definire, lo canta lui stesso all'inizio dell'opera quando a Donna Anna dice: "Chi son io tu non saprai"». Il regista canadese, che per la prima volta firma una nuova produzione al Piermarini (i sei suoi spettacoli transitati da Milano erano tutti allestimenti provenienti da altri teatri), preferisce definire il protagonista dell'opera di Mozart come «azione pura, energia: è lui il centro di tutto e per questo sta sempre in scena». Ecco una piccola crepa nel muro di silenzio. Nella quale provare a sbirciare per cercare di intuire come sarà questo Don Giovanni che Carsen mette in scena tra palcoscenico e platea.All'inizio, quando Daniel Barenboim dal podio attacca l'ouverture, Peter Mattei (che insieme a Ildebrando D'Arcangelo si alterna nei panni del libertino nelle repliche in scena sino al 14 gennaio) è seduto in platea. «Perché Don Giovanni vive nel presente che oggi è la Prima della Scala, un avvenimento culturale che non ha paragoni in tutto il mondo» spiega Carsen che però sgombra il campo da qualsiasi accostamento a personaggi dell'attualità: «Il mio Don Giovanni non assomiglia a nessun uomo politico di oggi». Perché la storia raccontata da Mozart è senza tempo. Tanto che il regista ha potuto leggere la partitura come un omaggio al tempio della lirica mettendo in scena il teatro: il sipario rosso che si moltiplica nelle quinte, un gioco di specchi che riflette e coinvolge il pubblico nell'azione, il Commendatore che nella scena finale, nella quale trascina Don Giovanni agli inferi, si affaccia dal Palco reale - e la sera della Prima il basso Kwangchul Youn sarà chiamato a cantare tra il capo dello Stato Napolitano e il premier Monti. Teatro nel teatro «per cercare di avvicinarsi a un capolavoro assoluto, inafferrabile, come il suo protagonista. La musica sublime di Mozart e il libretto straordinario di Da Ponte insieme fanno qualcosa di ancora più grande: noi artisti non dobbiamo spiegare questa grandezza, ma solo celebrare il mistero di tanta bellezza». Forse anche per questo il regista lascia interrogativi aperti. «Don Giovanni è l'unico colpevole? Le donne che stanno al suo gioco e gli uomini che vogliono imitarlo non sono responsabili allo stesso modo della sua tragica fine?». Carsen suggerisce una possibile risposta facendo sprofondare agli inferi tutti i personaggi (la Donna Anna di Anna Netrebko, l'Elvira di Barbara Frittoli, il Don Ottavio di Giuseppe Filianoti e il Leporello di Byrn Terfel) insieme al libertino. Che alla fine si ripresenterà sul palco.«Perché, a differenza di molti, io non lo considero un personaggio negativo. È l'unico onesto, ha capito che prima o poi tutti devono fare i conti con la morte, la grande paura dell'uomo che Mozart mette all'inizio e alla fine dell'opera: Don Giovanni l'affronta, gli altri vivono come se fossero immortali. E il suo essere libero lo rende attraente agli occhi di tutti».
Il regista, che in conferenza stampa si presenta con in mano la partitura, spiega che «nella musica non trovo mai una connotazione negativa del protagonista. Mozart, piuttosto, ci dice che la responsabilità di ciò che facciamo e della scelta di seguire o meno i desideri è solo nostra e non può essere imputata ad altri per tacitare la coscienza».