mercoledì 11 dicembre 2019
Un libro racconta la vita del benedettino che fu il prioniere dei primi esperimenti sulla fissione dell'atomo. Fu l'inventore di macchine come quella a Raggi x e di un particolare elettrocardiografo
Un'immagine significativa del benedettino dom Agostino Zanoni (1886-1967)

Un'immagine significativa del benedettino dom Agostino Zanoni (1886-1967)

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Monaco per vocazione e regola di vita, ma allo stesso tempo uomo affascinato, quasi sedotto, dalle scienze moderne (dalla fisica alla medicina) e per questo capace, da autentico autodidatta, di inventare nuove e pionieristiche macchine come i primi apparecchi a raggi X o di dare, nel lontano 1922, a Barcellona, la prima «dimostrazione teorica» (sono parole sue) della disintegrazione dell’atomo. È la storia dai tratti incredibili, al confine tra cronaca e leggenda, di Agostino Zanoni, il benedettino cassinese, vissuto tra il 1886 e il 1967. E un libro agile e di stile divulgativo, dal titolo eloquente Dom Agostino Zanoni, monaco benedettino e scienziato atomico (Velar, pagine 48, euro 4), scritto da Assunta Tagliaferri ripercorre le gesta eccezionali di questo religioso che intrattenne rapporti di amicizia e di collaborazione scientifica con Albert Einstein e il gruppo dei “ragazzi di via Panisperna”, guidato dai fisici Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi.

A mettersi, per primo, sulle tracce di questo “sconosciuto” monaco e così a riportare al centro dei riflettori la figura del prete-scienziato originario della Val di Scalve (Bergamo), è stata la ricerca condotta dal giornalista e documentarista Giorgio Fornoni che, in anni recenti, il 21 novembre del 2014 sul periodico locale “Arberara” dedicò proprio al benedettino “termonucleare” un ampio ritratto. Una ricerca che ha permesso di far emergere, veramente dai fondi di bottiglia della storia, attraverso testimonianze (scritte e orali), fonti di archivio (tra Barcellona, le abbazie di Monserrat, Farfa e San Paolo fuori le mura) la vera e inesplorata biografia di questo monaco-inventore.

Il futuro padre Agostino, all’anagrafe Gioacchino, nasce a Vilminore di Scalve (Bergamo), il 22 dicembre 1886. È figlio di un contadino. A 12 anni entra nel Seminario di Bergamo. Fra i suoi professori vi è anche Angelo Giuseppe Roncalli, poi papa Giovanni XXIII. Un legame di stima e di affetto, quello intercorso fra il futuro “Papa buono” e il religioso benedettino che non si spezzerà mai: tanto che il medico personale di Roncalli Filippo Rocchi, molti anni dopo, sarà spesso inviato per assistere «quando non stava bene» don Zanoni nel monastero di Farfa e sarà spesso consultato dal prete-scienziato per i suoi pionieristici esami di elettrocardiogramma, grazie a una apparecchiatura di sua invenzione. Al quarto anno di teologia, intendendo farsi monaco, entra nel cenobio benedettino di San Paolo fuori le Mura, a Roma. Al momento di vestire l’abito cambia il suo nome in Agostino. Due anni dopo, il 10 agosto 1912, è ordinato sacerdote. Presto si manifesta in lui la passione per le discipline scientifiche: astronomia, medicina, biologia e, soprattutto, fisica. Senza dimenticare lo studio per la Sacra Scrittura.

Ma è il 1922 l’anno che segna la svolta di don Zanoni come uomo di scienze in Spagna. Ed è lui stesso a raccontarlo in una testimonianza: «Diedi la prima dimostrazione teorica e pratica della disintegrazione dell’atomo all’università reale di Barcellona. Dopo la conferenza, eseguii l’esperimento pratico e l’esplosione fu tale che i presenti, uomini di governo e studiosi rimasero esterrefatti. Il Governo spagnolo di allora mi propose di restare al suo servizio, mettendomi a disposizione uomini e mezzi, quanti me ne occorrevano». Ma a cambiare la sorte sulla vita accademica di don Zanoni fu il “fermo no” del suo diretto superiore l’allora abate di San Paolo fuori le Mura a Roma Alfredo Ildefonso Schuster e futuro cardinale e arcivescovo di Milano. «Obbedii. Schuster non era uomo di scienza – racconta ancora don Zanoni – e con questo ordine troncò la mia carriera. Ma ero un religioso e un sacerdote e, prima che alla scienza, la mia vita era stata consacrata alla religione, alla Chiesa e a Dio».

Molti anni dopo, alla luce degli esperimenti nucleari e dell’uso delle bombe, don Zanoni ritornerà sul senso di quella scelta che gli cambiò il destino accademico: «È meglio che abbia smesso i miei studi – confiderà – sulla disintegrazione atomica, perché mi sarei messo soltanto sulla strada che conduce alla distruzione dell’uomo». Nel 1925 Zanoni entra nel monastero di Farfa (a cui farà visita parecchie volte lo stesso Einstein), dove rimane per i successivi quarant’anni, divenendone anche priore. Sono questi gli anni che consentiranno a don Agostino di portare a termine molte delle sue invenzioni: nel 1934 affrontò e risolse il problema della trasmissione della corrente elettrica senza fili; nel 1934 riuscì ad imprigionare l’energia solare e a sfruttarla per scopi pratici. Tra le scoperte più sensazionali vi è anche quella della macchina a raggi X. «Aveva creato uno studio a fianco della Chiesa – è la testimonianza di Gustavo Ciprioni – e faceva gratuitamente i raggi a chi ne aveva bisogno». Molti di questi macchinari, per volere testamentario di Zanoni quasi a distogliere dagli sguardi indiscreti dei suoi confratelli benedettini, sono conservate oggi al Museo della scienza e della tecnica di Milano, (tra cui quella capace di ricreare i fulmini), mentre altri sono ancora nei magazzini dell’abbazia di Farfa (come il suo primo elettrocardiografo).

Il 28 luglio 2018 a Vilminore di Scalve: l'intitolazione di una piazza

Durante l’occupazione tedesca del Lazio nel 1944 fu minacciato di morte e rischiò di essere deportato in Germania perché – a giudizio dei gerarchi nazisti – grazie alla «sua macchina capace di generare fulmini» poteva cambiare le sorti, oramai segnate, della seconda guerra mondiale. Don Agostino riuscì non solo a scampare questo pericolo ma salvò nascostamente, tra le mura del monastero di Farfa, molti ebrei. La carità e l’attenzione agli ultimi nel periodo della ricostruzione post-bellica saranno le priorità del benedettino. Fu il primo presidente della Fondazione Filippo Cremonesi, istituita dal senatore del Regno d’Italia, grazie a un cospicuo lascito testamentario, per assistere e avviare allo studio o ai mestieri i ragazzi bisognosi (spesso con alle spalle storie familiari difficili) della Sabina. Per tutto questo, il 28 luglio scorso, la natìa città di don Zanoni, Vilminore di Scalve, ha voluto intitolare al suo geniale figlio una piazza. E presto, si spera, un museo. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nella sua cella monastica a Farfa, circondato da cataste di libri e dei suoi strani marchingegni scientifici. Lì studiava, pregava e viveva. Don Agostino muore a Farfa l’8 agosto 1967. È sepolto nel cimitero di Fara in Sabina. Sulla lapide si legge ancora: «Nella scienza ricercò il vero, nella fede sublimò la sua vita».

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