giovedì 30 maggio 2024
Siciliana, nata senza la mano e una parte dell'avambraccio sinistro, è diventata una fuoriclasse: «Questo sport mi ha dato il coraggio di accettarmi, non ho più fatto caso a come venivo guardata»
La campionessa azzurra di parabadminton Rosa Eformo De Marco, 23 anni

La campionessa azzurra di parabadminton Rosa Eformo De Marco, 23 anni - undefined

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Alla prima al maschile in campo olimpico, fa da contraltare il debutto assoluto in ambito paralimpico. Nella versione con i tre agitos la pioniera si chiama Rosa Efomo De Marco, siciliana di Palermo, con papà di Agrigento e mamma nigeriana, classe 2001, nata senza la mano e una parte dell’avambraccio sinistro. Il miracolo si è realizzato oggi, ma è stato generato un decennio fa grazie allo sforzo dell’insegnante di educazione fisica Salvo Plaia che convinse Rosa a prendere parte ai campionati studenteschi. «Mi piacque subito, ma lo accantonai ben presto. La cosa che più mi divertiva da adolescente era ballare, soprattutto ritmi caribici». Racchetta e volano tornarono però presto a far capolino. «Era il 2018 e il professore mi convinse stavolta a provare col parabadminton, di cui ignoravo l’esistenza». Da allora è stata una scalata senza fine.

«L’anno successivo, nel 2019, feci la prima gara internazionale in Turchia e lì entrai in contatto con atlete paralimpiche che avevano la mia stessa disabilità agli arti superiori». Inserita nella categoria Standing Up 5 (SU5), Rosa ha trovato nello sport un mezzo per impegnarsi a tutto tondo nella società e soprattutto per mostrarsi così come è: «Sono nata senza la mano e non riesco a immaginarmi diversamente. La mia normalità è questa, poiché il mio cervello non riconosce l’arto sinistro e quindi mi sento me stessa anche senza protesi». Eppure non è stato sempre così: «Da bambina ero socievole e allegra e non mi interessavo di nulla. Crescendo i commenti degli altri iniziavano a infastidirmi e così nei primi anni dell’adolescenza tendevo continuamente a nascondere il braccio, perché non sopportavo più gli sguardi indesiderati» Lo sport è stata la via per uscire da questo tunnel: «Vedendo gli altri con la mia stessa disabilità di colpo la mia testa si è aperta e la mente ha resettato i cattivi pensieri accumulatasi con gli anni. Non ho più fatto caso a come venivo guardata in pubblico, ero me stessa e sono riuscita a superare la timidezza. In definitiva penso che il badminton mi abbia dato coraggio nell’espormi e mi abbia fatto accettare in maniera definitiva la disabilità».

Basterebbe questo pensiero per essere felici, ma Rosa ha deciso di andare oltre e cominciare seriamente la vita da atleta. «Nel 2023 sono diventata professionista, entrando nel Gruppo sportivo paralimpico della Difesa, che ringrazio, ma già da tre anni avevo scelto di dedicarmi esclusivamente allo sport. Dopo la maturità mi ero infatti iscritta a Scienze politiche, ma non faceva per me. A quel punto ho tralasciato gli studi e mi sono trasferita a Santa Marinella, vicino Roma, dove mi sono concentrata solo sul badminton». Il primo assalto paralimpico è andato a vuoto, il secondo ha prodotto dolcissimi frutti: «Insieme a Enrico Galeani, tecnico della nazionale italiana di parabadminton, abbiamo impostato una programmazione triennale minuziosa e in mezzo a tutto il gruppo nazionale sono stata l’unica a staccare il biglietto. Vorrei ringraziare però anche i compagni che mi hanno stimolato».

Volgendo lo sguardo al passato si riannoda un nastro scandito da numerosi sacrifici: «Ho lasciato casa da quattro anni e in questo periodo i miei genitori li avrò visti appena una volta al mese. Senza il loro supporto non sarei però qui» I Giochi paralimpici sono diventati una realtà giovedì 16 maggio: «Quando Galeani mi ha dato la notizia ufficiale non stavo più nella pelle, ma ancora non ho avuto modo di festeggiare. Sono infatti a Manama in Bahrein per un torneo e successivamente andrò in Scozia per un altro appuntamento agonistico. Solo a giugno avrò modo di rivedere parenti e amici». Essere alle Paralimpiadi sarà un onore («Sono la prima italiana in assoluto a parteciparvi nel parabadminton, quindi il mio nome verrà ricordato a lungo nell’ambiente») ma anche un onere: «Sono la numero 10 del ranking, quindi non potrò semplicemente partecipare, ma dovrò andare più avanti possibile».

Nella categoria SU5 le regole del gioco sono le medesime del badminton normale: «La disabilità riguarda solo un arto e noi impugnano la racchetta con l’altro. Partecipo anche ai tornei con i normodotati e come obiettivo per il 2024 vorrei qualificarmi ai Campionati italiani assoluti. Se ci riuscissi avrei fatto en plein». Nonostante si sia data allo sport il ballo rimane sempre una grande passione, così come le lingue e le religioni («Sono cristiana e sulla spinta degli insegnamenti materni mi piace approfondire le questioni legate alla fede»), mentre una caratteristica che la contraddistingue è la riconoscenza: «Gli ultimi due ringraziamenti sono per il Comitato paralimpico, che ci ha portato a essere considerati come mai in passato, e per la Federazione italiana badminton, che ha valorizzato anche la sezione paralimpica».


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