Galileo, padre dell’astronomia e della scienza moderne, è stato un genio precoce. Non solo per aver visto più lontano degli altri ma anche per l’età in cui ha cominciato a fare scoperte fondamentali. Anche questa caratteristica della sua attività di scienziato verrà illustrata nel corso dell’Anno dell’Astronomia, in buona parte dedicato allo scienziato pisano che proprio 400 anni fa, usando il cannocchiale, supera i limiti dell’occhio umano e spinge per la prima volta lo sguardo dentro il cosmo. Ne parliamo con il professor Nicola Cabibbo, prestigioso fisico e presidente della Pontificia Accademia delle Scienze.
Professore, saranno illustrati anche quegli aspetti del Galileo scienziato che il pubblico conosce di meno?«Con Galileo si passa dall’astronomia geometrica e teorica a un’astronomia fisica. Ma lui va menzionato anche per il contributo dato alla meccanica (con la legge sui gravi) e alla scienza dei materiali. Galileo plasma una scuola in cui spicca tra gli altri Evangelista Torricelli, suo successore nello Studio Fiorentino, inventore del barometro per misurare la pressione atmosferica. Una scuola di ricerca che ha dato forte slancio allo sviluppo della scienza».
All’epoca di Galileo, la rivoluzione copernicana (la Terra gira attorno al Sole) non era ancora definitivamente provata. E i giudici pensarono che fosse loro dovere impedirne la diffusione. «La sua era una teoria nuova, ma tutto ciò che già aveva scoperto doveva indurre i giudici a capire che le cose andavano come sosteneva Copernico. Intanto i satelliti di Giove che girano attorno al loro pianeta: c’era qualcosa che non ruotava attorno alla Terra! Tuttavia non era una vera prova del moto della Terra attorno al Sole. Quella prova verrà nel ’700, ma ancora dopo Newton, con l’inglese James Bradley, che scopre l’aberrazione stellare, un piccolo spostamento della posizione apparente delle stelle dovuto al moto della Terra. La scoperta di Bradley è la prima, innegabile prova del sistema copernicano. La dimostrazione definitiva si avrà nel 1851 con il pendolo di Foucault sotto la cupola del Pantheon di Parigi».
È comprensibile, dunque, che gli astronomi romani insistessero nel chiedere a Galileo prove più solide? «Certo, le prove si sono andate accumulando nel tempo, e probabilmente è vero che quelle addotte da Galileo non erano molto stringenti. Però l’idea galileiana era talmente più bella del sistema di Tolomeo, aveva una tale eleganza interna, e permetteva di spiegare molti fenomeni celesti con tale potenza che non poteva essere messa in dubbio ».
Quali domande rivolsero a Galileo i suoi oppositori? «Una, prima di tutto: "Se la Terra si muove così velocemente, perché non ce ne accorgiamo?" La risposta è nel principio di relatività, illustrato da Giordano Bruno, fatto proprio da Galileo e poi ripreso da Albert Einstein. Se io mi trovo in una barca che si muove, spiegava Galileo, non mi accorgo di muovermi. Così gli abitanti della Terra non si accorgono affatto che il pianeta si muove velocemente».
Però poi Galileo "scivolò" sulle maree. «Lì prese un abbaglio. Sostenne che le maree erano la prova che la Terra gira su se stessa. L’argomento non reggeva: la marea è il periodico abbassarsi e alzarsi del livello del mare per l’attrazione gravitazionale della Luna e (in misura ridotta) del Sole».
Gli era stato suggerito di presentare la sua intuizione, l’eliocentrismo, come 'ipotesi'. Perché non accettò? «Sarebbe stato vergognoso che il massimo scienziato dell’epoca affermasse una cosa in cui non credeva (poi purtroppo dovette farlo). Galileo è grande perché ha una visione nuova dell’astronomia, e della scienza in generale. Prima di lui l’astronomia serviva soprattutto ad accertare la data della Pasqua, oppure quando sarebbero avvenute le eclissi. Con Galileo si comincia a studiare gli astri come corpi fisici, come oggetti, in qualche modo simili alla Terra. Lui scopre che la Luna ha le sue montagne (e, se è fatta di roccia, ha la stessa natura fisica della Terra); Venere ha le sue fasi, anche il Sole gira su se stesso (Galileo lo ha dedotto osservando le macchie solari; ha notato che si spostano, perché c’è una rotazione). Inoltre si volta pagina rispetto a un’astronomia 'trascendente': secondo il sistema classico, i corpi celesti si muovono su sfere di cristallo concentriche alla Terra; ciascun pianeta ha la sua sfera. Galileo è un grande innovatore con la legge della caduta dei gravi, con varie applicazioni nel moto dei proiettili, e con studi d’avanguardia sulla resistenza meccanica dei corpi. È il primo a realizzare strumenti che servono a studiare una legge fisica ».
Il 2009 è anche l’Anno di Darwin, sono 150 anni dalla pubblicazione dell’«Origine delle specie». Quali novità scientifiche sul tappeto? «Alla luce delle conoscenze rese possibili dalla genomica, possiamo affermare che l’evoluzione è un fatto e non più una teoria. Si conoscono i genomi dell’uomo, delle scimmie e di altri animali, con studi compiuti sui fossili e sulle specie viventi. La storia della vita sulla Terra ha un’ossatura molto solida. È possibile ricostruire l’albero genealogico e stabilire 'chi è parente di chi'. Una conferma viene, ad esempio, dalla vitamina C, che l’organismo umano non può produrre. Il gene necessario si trova nel Dna dell’uomo e dello scimpanzè nella stessa posizione in cui si trova nel Dna di quasi tutti gli animali. Ma, sia nell’uomo che nello scimpanzé, il gene è difettoso, risulta rotto allo stesso modo. Una prova, tra tante, della 'parentela' genetica tra scimpanzé e uomo. L’interpretazione evoluzionistica è che scimmie e primati (incluso l’uomo) si procurano la vitamina C mangiando frutta, e non hanno quindi bisogno di questo gene».