Il 78enne regista canadese David Cronenberg è ospite al Matera Film Festival
«Il cinema è morto e a me non importa un granché, anzi, la cosa mi diverte». A dirlo con sconcertante fermezza è David Cronenberg, il maestro del body horror, il regista che ha esplorato la condizione umana attraverso film divenuti di culto come La mosca, Videodrome, Crash, Inseparabili, Spider. Ospite d’onore della seconda edizione del Matera Film Festival, diretto da Michelangelo Toma, Nando Irene e Silvio Giordano e in programma fino al 10 ottobre, il cineasta canadese che meglio di chiunque altro ha messo in scena le mutazioni del corpo e il connubio tra carne e tecnologia, e che rifiuta categoricamente il parallelo con un altro regista di culto, John Carpenter, parla dell’inarrestabile trasformazione di un’arte che non sarà mai più quella fruita sul grande schermo e nelle sale cinematografiche.
«Il cinema così come lo abbiamo conosciuto – argomenta – sarà un’esperienza destinata a una nicchia di spettatori, mentre la maggior parte delle persone guarderà i film in streaming sulle piattaforme, un cambiamento radicale accelerato dal lockdown. I film non smetteranno di esistere perché il bisogno di cinema non si è certo esaurito, ma li si guarderà a casa, su schermi che vantano una qualità sempre maggiore. Io stesso non vado in sala da anni per non dover subire la pubblicità, la gente che mangia rumorosamente durante la proiezione o tiene i cellulari accesi, per non parlare del freddo invernale e della faticosa ricerca di un parcheggio. E non sono affatto d’accordo con Spielberg che rimpiange i bei vecchi tempi della pellicola, perché sono stati un vero inferno. Molto meglio oggi che abbiamo a disposizione il digitale, è tutto più facile e veloce perché la tecnologia è molto più simile ai nostri processi mentali. Ma i festival di cinema continueranno ad esistere e saranno gli unici luoghi dove vedere i film sul grande schermo».
Eppure, nonostante Cronenberg fosse certo di aver dato il suo addio al cinema, tornerà tra non molto sul grande schermo, a otto anni da Maps to the Stars, con Crimes of The Future, remake di un suo film del 1970, che girato in Grecia e interpretato da Viggo Mortensen e Lea Seydoux, segna il suo ritorno al cinema di fantascienza con una struttura assai complessa e il racconto di un universo parallelo e sintetico. «Pensavo che non avrei fatto più cinema anche a causa della mia sordità, ma poi – continua il regista togliendosi dall’orecchio un piccolo apparecchio acustico – grazie a questo piccolo oggetto mille volte più sofisticato dei computer che controllano le missioni spaziali, posso sentire tutti voi e continuare a lavorare. Smettere di fare il regista non vuol dire però abbandonare l’arte. Ho infatti scritto un romanzo, Divorati, e pensavo di dedicarmi al secondo, ma poi una sceneggiatura scritta 20 anni fa è tornata a cercarmi e un produttore entusiasta mi ha convinto a riprendere posto dietro la macchina da presa».
L’apparecchio acustico di Cronenberg è anche l’occasione per riflettere sulle metamorfosi del corpo umano che sono state spesso al centro del suo cinema. «L’uomo non ha mai smesso di modificare il proprio corpo attraverso tatuaggi, mutilazioni, cicatrici e anche la chirurgia plastica fa parte di questo processo. È anche dimostrato che il corpo umano sia ormai composto anche delle microplastiche che abbiamo assorbito nell’ambiente. La vecchiaia poi è una mutazione che ci riguarda tutti, anche se mettiamo in campo le nostre risorse per rallentarla». Il dibattito sulle mutazioni è di grande attualità in questa epoca di pandemia e vaccini, accusati di modificare il dna delle persone.
«Ho 78 anni e quando ero bambino esplose un’epidemia di poliomielite che terrorizzava tutti i più piccoli. Poi arrivò il vaccino a salvare milioni di vite umane. Il Covid 19 è stato un fenomeno mondiale senza precedenti e ci ha coinvolto tutti. Sono completamente vaccinato e convinto delle necessità di fare attenzione a tutta la disinformazione che circola in rete. In tutte le epoche ci sono state persone contrarie ai vaccini e alle procedure mediche in generale, ma credo che questa sfiducia oggi sia diretta soprattutto ai governi, sospettati di architettare qualcosa di malefico. Ma come si fa ad affermare che Bill Gates voglia controllarci attraverso un microchip contenuto nei vaccini se può tranquillamente farlo grazie ai cellulari che abbiamo in tasca? Certo, il controllo esercitato dalle dittature è sempre passato attraverso il controllo dei corpi, basti pensare oggi a quello che accade alle donne, ma in occasione di questa pandemia il controllo è paradossalmente finalizzato alla liberazione dei corpi. La malattia è certamente un attacco peggiore alla nostra libertà».
Con il proprio corpo, ma completamente realizzato in silicone, il regista gioca nel surreale cortometraggio La morte di David Cronenberg da lui scritto e interpretato, ma diretto da sua figlia Caitlin e ambientato in una stanza spoglia in cui un uomo si avvicina a una salma riconoscendo se stesso nel cadavere. «Abbiamo riutilizzato la versione di me in silicone fabbricata per la serie canadese Slasher che mi ha visto tra gli interpreti. Un corpo che ha suscitato molta empatia in me. Mia figlia è interessata alla NFT, che sta per Non Fungible Token», una tecnologia mirata a creare prodotti digitali unici, non riproducibili, equivalenti a opere d’arte. Il rapporto di Cronenberg con l’Europa è molto stretto.
«Il Canada è diverso dagli Usa, la cultura europea da noi è cruciale e prevalente e io il Vecchio Continente l’ho frequentato sin da giovanissimo. Il cinema di Fellini, Antonioni e Bergman è sempre stato alternativo a quello hollywoodiano». A Cronenberg è dedicata anche una retrospettiva di film, la mostra La Nuova Carne. Dodici maestri del Fumetto italiano omaggiano il Cinema di David Cronenberg e il volume A History of Cronenberg curato da Michelangelo Toma, che raccoglie informazioni e curiosità sul mondo di uno dei più influenti registi della storia del cinema mondiale.