Malgrado un censimento ufficiale non esista, si può comunque dire che anche in Italia il fenomeno delle cover (o tribute) band sia notevolissimo. Più di quanto si possa pensare, essendo lontano dai canali ufficiali. Ma bastino alcuni numeri sicuri: 300 circa sono le tribute band, quelli che si vestono come l’idolo prescelto e addirittura ne ricostruiscono pari pari, dalle luci alle movenze, specifici concerti; e addirittura 15mila le cover band, che si limitano a cantare canzoni altrui: a volte di un solo artista, a volte di tanti. E se le tribute band estere fanno tour mondiali riproponendo (per esempio) i concerti dei Genesis con Peter Gabriel, da noi c’è comunque un giro di pubblico stimabile attorno ai venti milioni di persone tra feste di piazza, pub, eventi appositi.Ed un giro d’affari conseguentemente non da poco. Visto che nel caso degli Artisti Italiani, emiliani di Reggio che fanno anche (se non soprattutto) canzoni loro, oltre che cover dei Pooh, nel 2010 sono arrivati a un fatturato di 150mila euro. Senza che radio, tv e media specializzati conoscano una storia di dischi e show nata nel 1979 per la passione di un dirigente d’azienda, un camionista, un operaio e il titolare di un bar. Nel nostro Paese impazzano cover/tribute band di Vasco, Ligabue e Nannini, i più rock del panorama italico; ma non mancano quelle di 883, De André, Jovanotti, Antonacci, Baglioni, Battisti (malgrado la moglie quereli chiunque lo nomini), Negramaro, Laura Pausini (Oltre Laura "imita" allestimenti, moine e vestiti dell’artista). Ci sono pure personaggi come Gianfranco Lacchi o Beppe Ferrante che si calano nei panni di Morandi e Al Bano: anche se lì sembra mera imitazione da karaoke.I numeri detti sopra si riferiscono ovviamente al totale delle band, comprese quelle per Bowie, Beatles, Elvis e così via; ma si può ragionevolmente dire che un buon 40% sia di "tributi" italiani. Nel tempo Renato Zero ha permesso l’incisione di un Cd di sue cover band, pur non ufficialmente; e i Nomadi le coinvolgono spesso anche in progetti benefici. Ma è una novità quanto ha fatto Red Canzian, bassista dei Pooh, producendo un doppio Cd in cui l’idolo ha appoggiato i suoi emuli, ben 25 cover o tribute band dei Pooh messe in condizione di testimoniare il proprio lavoro. Dice Canzian: «Io sarei svenuto se mi fosse capitata un’occasione così. Ma volevo ringraziare i musicisti che ci dedicano tempo, passione e cuore da anni. La cosa bella è che incontrandoli ho visto che condividono anche i nostri valori di persone normali, ben poco "rockstar". Ed è stato bello mettergli a disposizione nostri strumenti o raccontargli i piccoli segreti del mestiere».E Luca Zini, batterista degli Artisti Italiani che nel Cd rileggono (in modo originalissimo, senza ammiccare all’originale)
Stare senza di te, racconta cosa significa essere una cover band: e non solo. Diciamo pure, che significa alternare alla vita normale un amore vissuto sul campo, non solo allo stereo. «Andavamo a scuola insieme, siamo partiti con Guccini poi abbiamo puntato i Pooh anche per il mito imprenditoriale di Stefano D’Orazio. E infatti abbiamo sempre ragionato "alla Pooh": tutto condiviso, mogli e figli ci seguono e aiutano, fonici e datori luci sono amici coinvolti nella voglia di suonare. Arrivare agli studi di Red è stato il fiore all’occhiello, e verificare come il loro successo si basi sulla passione, essere i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene, come facciamo noi, è stato splendido». Ma come vive una band fuori dai giri tradizionali, fra cover e pezzi suoi comunque non distribuiti in dischi "normali"? «Ci troviamo una volta a settimana in riunione, poi prove, date zero, e tour per tre-quattro mesi l’anno. Certo avere anche cose nostre, scritte ascoltando la gente (fanno un pop melodico gradevolissimo e con testi seri, nda) e non scimmiottare i Pooh non ci fa entrare in taluni locali. Oggi molti vogliono l’imitatore visto che non hanno i soldi per l’originale, ma non è bello fare le brutte copie. Poi – prosegue – realizziamo un Cd l’anno, spesso come regalo di Natale agli amici. Ma appoggiamo pure progetti di solidarietà, anche come produttori di eventi. Abbiamo raccolto molto contro la sclerosi multipla nella prima
Notte Rosa della Riviera romagnola. E sotto il palco diamo compiti anche ai disabili, coinvolgendoli. Perché la musica è condividere. Professionalità, passione, valori». Sarà per questo, allora, che tante persone normali, lontane dai riflettori, ridanno eco alla musica che amano. Non tutte le cover band sono faccende valide, anzi: ma una serata in piazza a cantare con loro le colonne sonore della nostra vita forse, stanti anche i numeri, oggi ha un senso. Quantomeno per darci una boccata d’aria, in un periodo di crisi e sconforto.