Fuoco del laser a femtosecondi all'IIT Milano
Dai diamanti non nasce niente? Fabrizio De Andrè non poteva sapere che cinquant’anni dopo i poetici versi di Via del campo, un ricercatore canadese sarebbe riuscito a “trasformare” il diamante da simbolo del lusso e della bellezza arida, fine a se stessa, a “motore” dell’elettronica e dell’informatica per realizzare circuiti con cui sviluppare computer super potenti, veloci e iperperformanti capaci di studiare e capire problemi oggi inaccessibili: dalla diagnostica medica di precisione alla creazione di energia pulita, dalle previsioni dei cambiamenti climatici alle variazioni del mercato azionario.
Il primo prototipo di questo circuito quantistico è stato messo a punto da un gruppo internazionale di ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr e del dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano (composto da M. Ferrari, G. Galzerano, T. T. Fernandez, V. Bharadwaj, S. Rampini, B. Sotillo e R. Osellame), coordinato dal giovane fisico canadese Shane Eaton, sotto la supervisione del direttore dell’Ifn-Cnr, Roberta Ramponi, in collaborazione con il professore Barclay dell’università di Calgary e il professore Miura dell’università di Kyoto. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista “Nature Scientific Reports”: la pietra preziosa permette di fare un importante passo avanti nella ricerca dedicata ai computer quantistici, dispositivi che utilizzando i “quBit”, ovvero i bit quantistici, assicurano velocità di calcolo molto maggiori rispetto ai computer basati sull’elettronica tradizionale. Una potenza rafforzata dai diamanti che consentono di integrare nello stesso chip le sorgenti di quBit e le guide d’onda ottiche. Una scoperta potenzialmente rivoluzionaria a cui il team è arrivato anche grazie alla vittoria da parte del ricercatore canadese del prestigioso programma Sir (Scientific Indipendent of Young Researchers) del Miur come giovane talento in Italia, ottenendo un finanziamento da 420mila euro e la possibilità di creare un proprio team e proseguire in maniera autonoma la ricerca.
«I circuiti fotonici sono l’equivalente ottico dei circuiti elettrici: al posto degli elettroni del semiconduttore del chip, ad essere trasportati lungo i percorsi ottici sono i fotoni, i quanti di luce – spiega Eaton –. Per la creazione di tali percorsi sono stati impiegati impulsi laser ai femtosecondi (un milionesimo di miliardesimo di secondo) nel laboratorio al Cnst-Iit del Politecnico di Milano. Grazie alla brevità degli impulsi laser si riesce a modificare le caratteristiche fisiche del diamante tracciando le linee che costituiscono il circuito e mettendo in comunicazione i “difetti” presenti che possono essere sfruttati come bit “quantistici” ». «Quando si pensa al diamante – aggiunge Ramponi – ci si immagina un materiale puro con un perfetto reticolo di atomi di carbonio. In realtà, in esso sono presenti dei “difetti” come le cosiddette “ nitrogen vacancy” nelle quali, al posto di due atomi di carbonio adiacenti, si trova un atomo di azoto accanto a un posto libero nel reticolo. Una diversità che può essere sfruttata per i bit quantistici ». «Il quBit – riprende Eaton – può assumere cioè contemporaneamente, a differenza dei bit classici degli attuali computer, il valore di 0 e 1, il che permette di aumentare esponenzialmente la velocità di calcolo. Fino ad oggi mancava però una tecnica di microfabbricazione in diamante che consentisse di collegare questi qu-Bit per realizzare un computer quantistico».
La domanda a questo punto nasce spontanea: ma non è carissimo? Non è un lusso usare i diamanti per i computer? «No – risponde Eaton –, perché viene usato il diamante sintetico, meno caro. In ogni caso la pietra non viene tagliata per brillare, e soprattutto parliamo di porzioni piccolissime. Il campione su cui sto lavorando adesso costa mille euro». Acquisita la scoperta, la sfida si gioca a questo punto sull’applicazione: «Mi piacerebbe utilizzare questi “difetti” del diamante come sensori di deboli campi magnetici in modo da realizzare apparecchiature mediche sempre più performanti – chiarisce il ricercatore –: penso in particolare a una tecnologia estremamente sensibile e ad altissima risoluzione capace di battere la risonanza magnetica. Le strade per la nostra ricerca sono infinitamente avvincenti».
Una scoperta assai interessante e un caso al contrario di “cervello in fuga”. Questa volta è l’Italia a essere terra di accoglienza in campo scientifico. «Sono arrivato in Italia – dice Eaton – perché innamorato di questo Paese grazie alla cultura che mi ha trasmesso uno zio acquisito, Dino, italiano emigrato in Canada. Un innamoramento prima culturale e dello stile di vita. Poi mi sono confrontato anche con i laboratori di studio, dopo aver conosciuto un gruppo di ricercatori italiani in un convegno a San Francisco. Qui ho trovato grandi professionalità e le opportunità per realizzare il mio progetto. Forse in altri Paesi ci sono più chance e maggiori risorse, ma è possibile riuscire a raggiungere gli obiettivi anche qui, sfruttando progetti e finanziamenti italiani ed europei».
Il ricercatore, con alle spalle una carriera internazionale di altissimo livello, una laurea in Ingegneria Fisica a Vancouver e un dottorato a Toronto, ha vinto proprio nelle ultime settimane anche un concorso per il Cnr. Resterà dunque in Italia. Metterà radici, fra un difetto e l’altro dei diamanti.