Chiara Civello - -
Due grandi donne del jazz italiano per la prima volta insieme, per ripartire. La pianista Rita Marcotulli e Chiara Civello (voce e chitarra) fondono con intensità il loro sguardo interpretativo del jazz, supportate dal violoncello di Marco Decimo, il 30 luglio all’interno del Grado Jazz by Udin&Jazz. Cinque serate di concerti, da martedì 28 luglio a sabato 1 agosto al Parco delle Rose a Grado con i migliori nomi del jazz italiano dai Quintorigo, ad Alex Britti, Musica Nuda, Paolo Fresu, Francesco Cafiso e Stefano Bollani. Ma è proprio l’inedito duo fa Rita Marcotulli, compositrice apprezzata dal cinema (Basilicata coast to coast) e Chiara Civello, cantautrice dal successo internazionale,che prelude ad una nuova tournée, la vera novità di questo festival.
Rita Marcotulli - -
Chiara e Rita, come è nato il vostro incontro?
Civello. Ci siamo conosciute dentro una traccia di Pino Daniele. Io avevo duettato con lui nel 2008, con il brano da me scritto L’ironia di sempre, contenuto nell’album Le corde dell’anima. E Rita Marcotulli ha suonato il pianoforte all’interno di quel brano, ma non c’ eravamo incontrate al momento della registrazione. Ci siamo conosciute dopo, ed ora questo nostro nuovo incontro sta dando bellissimi frutti. Pino Daniele è sempre stato di grande ispirazione per me, non soltanto per la voce. Lui e Lucio Dalla sono riusciti a proporre aperture verso altre culture musicali, fornendo una paletta di colori ampia alla nostra musica.
Marcotulli. Ho fatto tante tournée con Pino Daniele, dal 1990 al 1995 ho suonato in tutti i suoi concerti: è stata una grandissima esperienza, eravamo amici, ci capivamo. Mi ha dato la possibilità di suonare con Pat Metheny. Era un uomo sensibile, schivo, introverso, lunatico, molto umile: ho un gran rispetto di lui come persona. Durante la quarantena ho composto la colonna di un film che Stefano Veneruso ha girato, ispirato alla storia di suo zio Massimo Troisi e la sua compagna, la sceneggiatrice, Anna Palignano, tratto dal libro Da domani mi alzo tardi. All’interno ci sarà un pezzo inedito di Pino Daniele che parla d’amore.
Come interagiranno due primedonne come voi sul palco?
Civello. Interagiremo moltissimo.Il jazz come, dice Rita, vuole dire tutto e niente: spazieremo in tanti stili, la libertà è la nostra cifra stilistica. Interpreteremo musiche che ci hanno accompagnato nelle nostre vite.
Marcotulli. Chiara ed io vibriamo nello stesso modo, c’è una grande intesa. Io ho iniziato a suonare a 5 anni, sono sempre stata attorniata da musicisti maschi, ma adesso con la maturità c’è il desiderio di suonare con una donna e di condividere con donne.
Quali sono i brani musicali su cui avete trovato punti in comune e che proporrete al pubblico?
Marcotulli. Ci stiamo così divertendo nelle prove che vogliamo continuare a lavorare insieme. Ad esempio, abbiamo la stessa passione per la musica brasiliana, io sono cresciuta con Joao Gilberto. Abbiamo scelto dei pezzi anche popolari, tipo Lucy in the sky dei Beatles, ma cercando uno stile nostro.
Civello. Per me è molto bello associarmi ad una personalità così marcata come quella di Rita: ha un suono così forte e inconfondibile, è di una poesia unica. È come se non avesse bisogno di spartirti e di parole. Nella scelta dei pezzi siamo andate molto a istinto, sarà una celebrazione di tutto quello che musicalmente ci piace. Da Milton Nascimiento a Ennio Morricone.
A proposito, voi avete avuto un filo diretto anche con il maestro Morricone...
Marcotulli. A Morricone ero personalmente legata, mio padre è stato il suo tecnico del suono per decenni. Io sono cresciuta nello studio messo su da mio padre ed altri colleghi negli anni 70, il Forum, dove hanno registrato molti film del maestro Morricone che mi ha visto crescere. Mi reputava la sua figlioccia, è sempre stato molto affettuoso, la sua perdita è stato come la perdita di mio padre. Per questo sono appassionata di musiche da film: io da piccola ero presente quando il maestro registrava in diretta La battaglia di Algeri, C’era una volta in America o il mitico Gabriel’s oboe di Mission.
Civello. Edda dell’Orso, il soprano di Giù la testa, è stata la mia primissima insegnante quando avevo 14 anni. Morricone è tuttora il mio idolo, un artista completo che ha flirtato con tutti i generi musicali, ma mantenendo il suo punto poetico negli anni. Per me resta una figura musicale di riferimento. Mentre dal punto di vista vocale ho un grande debole per le cantanti che vanno per sottrazione, da Nina Simone e Shirley Horn a Ornella Vanoni.
Il jazz è un mondo ancora molto maschile?
Marcotulli. Si, è vero, il jazz è ancora molto maschile, le donne fanno più fatica: per emergere devi essere molto preparata. Quando ho cominciato io c’erano davvero pochissime donne. Ma sono sempre stata rispettata, ho avuto la fortuna di fare tournée con Billy Cobhan, Michel Petrucciani, Jill Redman. Ora fortunatamente di donne nel jazz ce ne sono di più. Ma l’arte è un linguaggio di espressione e non esiste il sesso.
Civello. Non riesco a vedere una linea di demarcazione fra i due generi nel jazz. Sono stata molto negli Stati Uniti e sono sempre stata contornata da musiciste donne. La figura femminile in 50 anni ha fatto tanti passi avanti, è una lotta costante che continua. Oggi nei luoghi di potere, nella scienza, nella musica le donne fanno la loro parte. Più formazioni musicali femminili possono essere una ispirazione perché non ci sia una discriminazione.
Come avete vissuto da musiciste la crisi causata dal coronavirus? E quali sono i vostri progetti?
Civello. Io sono stata molto impattata dalla crisi, come tutte le persone che lavorano con me. E’ un po triste aver visto la trascuratezza del tuo Paese che non ha saputo sorreggerti quando sei caduto. La Francia dà delle sovvenzioni di base agli artisti, a prescindere dalla crisi. C’è stato un tentativo di mobilitarsi da parte degli artisti italiani, ma arriveremo ad essere ascoltati? Ora mi sto concentrando su un disco pubblicato da una casa editrice francese dedicato agli chansonniers.
Marcotulli. Questa quarantena l’ho vissuta in due modi: da una parte sembrava di vivere in un film di fantascienza, una cosa assurda e irreale. Ho riflettuto sul senso della vita. Dall’altra parte, essendo mamma e non essendo stata a casa mai piu di 15 giorni di seguito con mia figlia, che ha 20 anni, ho vissuto i due mesi di lockdown con lei come un regalo. La crisi? Ho una famiglia da mantenere, ora che i concerti sono fermi vivo con un po’ di risparmi. Ma sono sicura che reagiremo. In testa ho un progetto dedicato a Caravaggio che debuttò a Umbria Jazz, con la proiezione dei suoi quadri ad altissima definizione,i testi di Stefano Benni, le mie musiche con un ensemble di 7 musicisti. Vorrei veramente portarlo in giro appena si potrà.