sabato 1 novembre 2014
​Oggi le due squadre per la prima volta di fronte dopo l'assassinio del tifoso partenopeo. Trasferta vietata ai romanisti, ma resta la paura. Federsupporter: «I club sono responsabili»
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La speranza di Napoli, come canta il rapper Rocco Hunt, è che oggi sia «nu juorno buono». Al San Paolo alle ore 15 va in scena quello che fino alla passata stagione si presentava come il “derby del Sud”, Roma- Napoli. Oggi invece è tristemente assurto al “derby della paura".  Nel giorno dei Santi, il calcio italiano deve commemorare un “martire” da stadio, il trentenne tifoso del Napoli Ciro Esposito. L’ennesima vittima che nel suo blog il capitano della Roma Francesco Totti ricorda scrivendo: «Penso alla famiglia De Falchi, alla famiglia di Ciro, a quella di Stefano e Cristian, alla famiglia Sandri... E mi sento vicino a tutte quelle che hanno vissuto disgrazie come queste: molti angeli ci guardano dall’alto e loro per primi desiderano che certe cose non accadano più». Ciro Esposito è l’ultimo “caduto” nella guerra folle del pallone per mano di un vecchio teppista della Curva Sud, quel Daniele De Santis che il 3 maggio scorso - fuori dallo stadio Olimpico di Roma - avrebbe sparato il colpo di pistola letale.  «È stato un terrorista a uccidere mio figlio», accusa con la disperazione nel cuore Antonella Leardi, la mamma di Ciro che per lenire le ferite indelebili della perdita del figlio ha trovato conforto nella fede. E ce ne vuole tanta per cancellare quella notte della grande bruttezza, in cui persino lo svolgimento della partita (la finale di Coppa Italia Fiorentina- Napoli) dipendeva dalla volontà di un capo ultrà: Gennaro De Tommaso, alias “Genny a’ Carogna”.  Come De Santis anche Genny il terribile è agli arresti, ma a piede libero e pronti ad emulare le loro gesta ci sono centinaia di “fedayn” all’ultimo stadio. Per mesi si sono minacciati in Rete inviandosi messaggi di «vendetta». Per questo è stata vietata la trasferta ai tifosi romanisti, ma Napoli ha previsto comunque una task-force di sicurezza con mille agenti schierati.  «Isoliamo e annulliamo ogni forma di violenza», ha implorato nel suo appello l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe. «L’esempio deve venire anche dal campo», chiede la famiglia di Ciro, ma basterà, prima del fischio d’inizio, le parole e l’abbraccio tra Totti e Higuain a scongiurare gli scontri? Comunque vada, il clima che si respira in questa vigilia è di sconfitta anticipata. «Hanno già perso in partenza tutti coloro che amano il calcio e sono la maggioranza che paga come sempre per le scelte di pochi», è il commento del professor Alfredo Parisi presidente della Federsupporter, l’unico vero “sindacato” al servizio delle tifoserie italiane. «Le società sono responsabili di questa sconfitta che pesa su tutto il nostro calcio – continua Parisi - . Ai club in fondo non interessa che al San Paolo il settore ospiti rimanga deserto, perché tanto i loro bilanci dipendono per il 70% dai diritti televisivi. Diciamoci la verità, dopo la morte di Ciro Esposito non è cambiato niente. La Uefa nel 2011 ha chiesto alla Figc di fare introdurre in seno ai club un dipartimento, “The Supporter Liaison Officer” (SLO) che ha il compito di interfacciarsi con le tifoserie. Si tratta di una figura professionale con competenze specifiche che in Europa c’è da tempo, mentre da noi il vuoto viene riempito alla meglio dal volontariato, da dei delegati che spesso vengono reclutati all’interno della stessa Curva». La classica soluzione all’italiana. «In una giornata come questa - conclude Parisi - i club devono riflettere su un aspetto fondamentale: la credibilità del nostro calcio passa prima di tutto dalle persone che lo rappresentano, e queste, sulla cultura della non violenza continuano a non fare abbastanza».
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