sabato 25 luglio 2015
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Mani e piedi saldi sugli appigli, cuore pulsante oltre l’ostacolo. E una guida alpina a tenere in mano la corda della tua vita. Sabato e domenica scorsa questo è stato 150cima_Tosa open, l’ascesa alla vetta dolomitica che è regina del Brenta: una scalata per tutti, a un secolo e mezzo dalla prima conquista. Un’escursione per disabili e normodotati, un’uscita che i professionisti della montagna hanno reso accessibile anche ai meno esperti. Pienamente riuscita l’idea balenata nella mente di Simone Elmi, guida alpina di Activity Trentino: trasformare le montagne da muri a ponti, da elementi di separazione a strumenti d’inclusione. Con una forte carica simbolica: anche se recenti misurazioni ne hanno messo in discussione il primato, la Tosa dei 3.173 (qualcuno ora dice 3.136) metri è tradizionalmente acclamata regina del Brenta. E dalla sua vetta troneggia piccola ma immensa la Regina del cielo: una “Madonnina” di 50 centimetri, quella stessa Vergine che il canto alpino “Signore delle cime” acclama “Signora della neve”. 

A calpestare i suoi ghiacci, domenica, sono arrivati Elisa e Fabrizio, giovani e atletici fidanzati. E quel giorno l’hanno arrampicata giornalisti e geologi, avvocati e psicologhe, operai e tecnici, manager e informatici. Gente del posto. Turisti. Giovani e meno giovani. Una cinquantina di persone, giusto per dare un’idea. Ma in vetta è arrivato pure “Oghi”, un ragazzo autistico a cui la montagna fa bene come e forse più di tanti medicinali. E sorpresa: con tutti loro c’era pure Avvenire: diffuso per tutti, sabato sera, al rifugio Pedrotti che è campo base dell’ascesa. Salito con alcuni, domenica mattina, al culmine della 2 giorni speciale.   

L’alba al rifugio Pedrotti

L’ascesa

In vetta con Avvenire Le guide han messo corde un po’ ovunque, il soccorso alpino si è mostrato sicuro aiuto ai più timorosi. Per un giorno almeno la vetta non si é “cinta di morte e di spavento e di gelo”, come Antonio Fogazzaro la descrisse in versi dopo esservi salito nel 1890. Giustappunto: “Il pianto della cima Tosa” è risuonato due volte. Sabato sera al Pedrotti, domenica mattina al culmine dell’ascesa. Suggestiva, quella composizione. “Subito in apertura c’è il tema del silenzio”, spiega ad Avvenire la docente Elena Landoni, in Università cattolica membro del Dipartimento di italianistica e comparatistica. Un tema che è porta del mistero. “L’esistenza del mistero è evidente - incalza - e nella poesia è espresso mediante un significato che scaturisce dal silenzio stesso degli elementi”. Non solo. “Per capire la poesia – avverte la docente - si deve partire dalle ultime parole: ’Annunciano Italia, Italia’: il verbo rimanda a qualcosa di non ancora noto, o per lo meno di non scontato o non ancora pienamente realizzato”. Evidente: quando Fogazzaro ascese alla Tosa, quello era ancora suolo austriaco. Ma ecco che i suoi rivoli, constata lo scrittore, sono gli stessi che formano il Garda, il Mincio, il Po... acque italiane, che dopo la Prima guerra mondiale vedranno ricompresa nel suolo patrio anche la loro sorgente.

Il momento celebrativo al Pedrotti, sabato sera

La “calata” sulla via del ritorno È in questa digressione, sviluppata sabato sera in rifugio con maggiori dettagli, che risiede il senso più profondo di quanto avvenuto domenica mattina: sulla vetta sono risuonati quei versi. Poi è sceso il silenzio. Il silenzio della Tosa. E poi ancora, da quel silenzio, è scaturito - semplice e solenne al corno francese di Franco Puliafito - l’Inno di Mameli. “Un’esperienza sensazionale, come capitano una volta nella vita”: questo il commento a caldo di Pietro Baldrighi, studente di agraria e attore per diletto che con la sorella Martina ha interpretato quei versi. Lui lo ha detto. Molti altri l’han pensato. Non capita tutti i giorni di svegliarsi alle 4.45, nel cuore del Brenta, e dover “discutere” con Oghi che già ti ha “rubato” parte dei vestiti. Oppure di voler contemplare il Crozzon di Brenta, il “vicino” della Tosa, e per farlo dover abbassare lo sguardo. Oppure ancora di constatare che il telefono non prende, internet neppure, ma realizzare che in quel momento l’unica - vera, totalizzante - comunicazione corre impalpabile negli sguardi dei tuoi compagni, nelle loro mani che ti aiutano con un nodo o un “tirotto di corda”, un sorriso incoraggiante, un “sasso!” urlato mentre una pietra smossa rotola minacciosa verso di te che sei sotto. E nella natura, che mai come in quei giorni ha “cantato” il suo essere per l’uomo, immensa sinfonia di ordine e condivisione. Anche questo è stato 150cima_Tosa open.

In vetta con una guida alpina nei panni di Giuseppe Loss, il pioniere della Tosa

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