Non c’è nulla di deciso - per ora - sulla chiusura delle cinque sedi Rai nei Paesi del Sud del Mondo. All’incontro con l’Usigrai e il rappresentante dei corrispondenti esteri, l’azienda prende tempo sui tagli annunciati per Beirut, Il Cairo, Nairobi, Nuova Delhi e Buenos Aires. Oltre che, non va dimenticato, per il canale Rai Med. Il sindacato dei giornalisti Rai chiede che, se economie dovranno esserci, siano più oculate perché altri sono gli sprechi. E Viale Mazzini rinvia la decisione. Anche, forse, sulla scia della rapida mobilitazione di società civile e missionari: una reazione che potrebbe aver sorpreso qualcuno al settimo piano. Così, mentre la politica comincia a muoversi e dalle ambasciate italiane arrivano segnali di disagio, la Tavola della Pace conta già oltre 2.000 sottoscrizioni all’appello «Non chiudete quelle sedi». E proprio da Nairobi i missionari della Consolata, in rappresentanza di tutti i religiosi inviati in Kenya, scrivono un’accorata lettera al presidente ed al direttore generale della Rai.L’apertura della sede nella capitale kenyota era stato il frutto di una mobilitazione, nemmeno tre anni fa, che aveva visto associazionismo e sindacato dei giornalisti Rai compatti nel chiedere un’informazione meno provinciale e più di qualità. Ma l’annuncio dei giorni scorsi sul piano industriale 2010 – con i possibili interventi per sanare entro due anni un deficit incombente di 700 milioni – sembra aver cancellato tutto. L’Usigrai, nell’incontro di giovedì, ha contestato quella che considera «una mutilazione delle funzioni del servizio pubblico». Il segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, all’incontro di giovedì assieme al rappresentante dei corrispondenti esteri Ennio Remondino, ha ricordato che altri sono gli «sprechi di vario tipo, le assunzioni fatte dall’esterno e la moltiplicazione inutile di incarichi apicali». Non è un segreto che, ad esempio, per i quattro corrispondenti da New York, Rai Corporation – azienda esterna affiliata – paga 55 tra tecnici, montatori,
producer. Una squadra robusta, al cui interno i manager sono ben 11. Il timore dell’Usigrai è che si tratti in realtà di «prove tecniche di più ampi e inaccettabili tagli». E afferma di «essere pronta alla sciopero». Le argomentazioni del sindacato saranno portate all’attenzione dei vertici Rai, «coi quali, questo l’impegno preso, si aprirà un successivo confronto».La notizia non ha impiegato molto per arrivare ai Missionari della Consolata di Nairobi. Padre Franco Cellana, rappresentante dei religiosi che operano nelle missioni in Kenya ha messo nero su bianco il suo appello al Cda Rai. «Siamo stupiti di tale decisione - scrive il missionario - in questo momento particolare per il Kenya e per l’Africa, quando il nostro mondo italiano ed europeo hanno bisogno di mantenere le loro promesse di interesse e solidarietà con l’Africa». Con le chiusure di entrambi le sedi di corrispondenza africana – Il Cairo e Nairobi – i missionari chiedono «come sarà possibile passare certe informazioni e notizie di prima mano sugli sviluppi e necessità di questi Paesi». Ancora: «Come si riuscirà a capire il grande dramma che stanno vivendo il Kenya e gli altri stati africani, se nessuno avrà la possibilità di trasmettere in diretta le realtà di ogni paese nelle loro componenti di povertà, ritardo programmatico, corruzione sociale, tribalismo e disagi di ogni genere ai vari livelli?». E l’azione e promozione umana dei missionari nell’educazione, nella salute e nello sviluppo come potrà essere evidenziata e sostenuta?».Il tam-tam dell’associazionismo sta sollevando un coro di proteste. Oltre alll’appello della federazione delle 40 testate missionari, coaugula consensi – oltre 2.000 sottoscrizioni – l’appello lanciato giovedì dalla Tavola della Pace e altri tedici testate, sindacati e associazioni tra cui Articolo 21, Fnsi, Misna, Radattore sociale, Vita Magazine, Coordinamento enti locali per la pace.