Compie 100 anni, Charlot. La maschera buffa, inquieta, tenera e triste che ci ha regalato il genio di Charlie Chaplin apparve infatti sul grande schermo il 7 febbraio 1914 nella comica intitolata
Kid Auto Races at Venice (titolo italiano
Charlot si distingue) di Henry Lehrman: un cortometraggio di 7 minuti girato all’impronta durante una gara di automobiline per bambini che si svolgeva in California. Qui uno strano ometto con baffetti, bombetta e bastone si piazza davanti alla macchina da presa disturbando con le sue moine da improvvisata "primadonna" la troupe intenta a riprendere la manifestazione e facendo divertire il pubblico presente. Proprio come un "guastatore"
ante litteram dei Tg, ma con tutt’altri intenti, e talenti. Nasceva così il personaggio che ha divertito e commosso il mondo, il nobile e maldestro clown che, da reietto, ha combattuto e sovvertito con la sua profonda umanità le convenzioni e i valori di una società in cui dominavano, allora come oggi, denaro, violenza e potere. Da domani, in occasione del centenario nella nascita, potremo tornare a ridere e a emozionarci con le gesta improbabili ma sempre intimamente vere di Charlot rivedendolo al cinema in «
The Gold Rush La febbre dell’oro», il film muto del 1925 restaurato dalla Cineteca di Bologna che verrà proiettato in prima visione, assieme al "corto" di esordio, in 75 sale italiane come apertura della rassegna «Il Cinema Ritrovato al Cinema» per far conoscere, o riscoprire, i "classici" della Settima Arte dimenticati. «Il nostro è un privilegio unico al mondo – commenta Gian Luca Farinelli, direttore della Fondazione Cineteca di Bologna – perché questa proiezione aprirà l’anno delle celebrazioni affidateci dalla famiglia del grande artista che ci ha consegnato 150 mila pezzi dell’archivio Chaplin da noi digitalizzati e catalogati in 15 anni di lavoro». In programma anche, dal 26 al 28 giugno, un convegno internazionale sulla figura di Charlot e sull’eredità che ci ha lasciato: vi parteciperanno registi e storici del cinema come Kevin Brownlow, premio Oscar alla carriera nel 2011: sarà uno degli appuntamenti della 28º Festival «Il Cinema Ritrovato».Ma l’omaggio bolognese al "Vagabondo" non finisce qui. «Manderemo nelle sale del nostro circuito nazionale anche gli altri vecchi film di Chaplin una volta restaurati – prosegue Farinelli – e, in autunno, presenteremo l’edizione italiana del romanzo breve
Footlights, un inedito scoperto tra i manoscritti del cineasta, dal quale fu ricavato il copione di uno dei suoi capolavori,
Luci della ribalta». Speriamo allora di rivedere presto anche
Vita da cani,
L’emigrante e
Il monello.Ma non solo al cinema. Perché, ci chiediamo, la Tv non propone più questi film che una volta erano il sale della programmazione natalizia? C’è da augurarsi che RaiMovie, il
media partner dell’iniziativa, dopo l’inevitabile giro nelle sale, inserisca questi capolavori nel suo palinsesto. Intanto godiamoci in dolby
La febbre dell’oro, scritto e diretto da Charlie Chaplin, una favola poetica dove Charlot si avventura tra le montagne del Nevada per cercare il prezioso metallo nella speranza di una vita nuova, ma alla fine trova l’amore per una ballerina e, con esso, la vera ricchezza: la felicità.Le musiche originali sono di Chaplin, molte scene furono girate negli
studios su finti campi di neve fatti di sale e con effetti speciali assai rari per l’epoca. Memorabili la cena solitaria nella quale l’affamato Charlot si mangia una scarpa con tutti i lacci (quanto c’è di Arlecchino e della nostra «commedia dell’arte»?) e il delizioso balletto delle forchette con i panini. «Siamo tornati alla versione originale del 1925 e abbiamo dato a Timothy Brock il compito di ricostruire la partitura musicale di Chaplin per il film, ora incisa nuovamente con l’Orchestra Città Aperta – dice Farinelli –. Uno dei risultati che siamo riusciti a raggiungere con il restauro (realizzato in collaborazione con Criterion Collection, Photoplay Productions e Roy Export Company S.a.s.) – conclude – è ridare la velocità originaria alle immagini: non vedremo tutti correre, cioè, com’è nel nostro immaginario del cinema comico muto, costruito su errori di proiezione perpetuatisi nel tempo». Cadrà, forse, il mito di Ridolini ma a noi Charlot piace proprio così: con la sua camminata da pinguino e il singhiozzo finale che muore sempre nel riso.