mercoledì 23 febbraio 2011
Riesplode la follia. Dopo gli scontri di Roma, minacce e dure contestazioni a Marino a Parma e ieri l’assedio ai giocatori del Bari. Igor Campedelli: «Vogliono l’esonero di Ficcadenti, ma lui resterà a Cesena. Lotto contro chi minaccia me e la mia famiglia e se continuano metterò il club in mano al Comune».
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«Basta con l’inciviltà nel calcio!». È un grido d’allarme disperato quello che arriva dal club più piccolo - dopo il Chievo - , il Cesena, e dal suo presidente, il più giovane della Serie A, il 36enne Igor Campedelli. Nella febbre a 90 del sabato sera (quello scorso) c’è stata una lunga scia di violenze e atti di teppismo che non possono passare sotto traccia. E l’indignazione, della parte ancora sana del popolo degli stadi, più che mai nasce spontanea. Ma ad urlare, come sempre, sono i più deboli della Repubblica del pallone, quelli che non fanno quasi mai notizia, a meno che non battano la capolista Milan (il Cesena alla seconda di campionato vinse 2-0 contro i rossoneri). Poi però, se un presidente e la sua società, diventano vittime di reiterate e assurde minacce da parte della solita sporca dozzina che domina incontrastata in Curva, ecco che l’opinione pubblica fa spallucce e si mantiene nell’area dell’indifferenza, fino al giorno in cui il giovane patron, nauseato, non sbotta per l’ennesimo intollerabile episodio violento. Sabato, mentre a Trigoria 200 squallide comparse giravano le repliche di “scene di ordinaria follia” (con razzi, bottigliate, bombe carta e scontri con i poveri poliziotti costretti a fare la guardia davanti a un campo di allenamento), a Cesena quattro squilibrati entravano nello Store del club romagnolo e intimavano alle commesse: «Se Campedelli non esonera Ficcadenti torniamo e spacchiamo tutto».Sarà un caso, ma alla Roma l’anomala guerriglia messa in piedi dai “brigatisti giallorossi”, più lo strano 4-3 di Marassi del giorno dopo (fino al 51’ Totti e compagni danzavano sullo 0-3), ha portato la domenica sera alle dimissioni forzate di quel gentiluomo del “sor” Claudio Ranieri. A Cesena invece l’allenatore Massimo Ficcadenti, giustamente non si tocca, perché non è certo l’opinione degli «incivili» a modificare le scelte di Campedelli che denuncia: «Sono stato sottoposto ad una serie di atti intimidatori che vogliono farmi prendere certe decisioni. Se si usa l’arte dell’inciviltà, io non ci sto più e la combatto fermamente». Gli imbecilli curvaroli in odore di daspo sono avvisati e alle minacce personali più quelle ricevute dalla sua famiglia, Igor il disponibile, risponde con una minaccia civile, oltre che legittima, in quanto proprietario del club: «Se si continua così, sono pronto a vendere il parco giocatori e a restituire la squadra al Comune e al sindaco. Cesena in tutta Italia è vista come un paradiso del calcio e io voglio che continui ad esserlo. Invece c’è nell’aria qualcosa che assomiglia a una preparazione alla guerriglia e non posso accettarlo... Grazie all’amicizia di tanti soci e amici, abbiamo costruito un sogno che ci ha portato dalla C alla A con enormi sacrifici. E con altrettanti sacrifici adesso speriamo di salvarci». Il punto di domenica a Parma nello scontro diretto del Tardini avrebbe dovuto rasserenare anche gli animi più cupi della dissidenza incivile cesenate e invece la polveriera è ancora accesa e si diffonde pericolosamente per lo Stivale. I focolai delle barricate dei 200 ultrà romanisti che hanno scambiato Trigoria per la piazza di Tripoli, è una miccia che da Cesena arriva fino a Parma dove altri 150 pseudotifosi della squadra emiliana, domenica con la bava alla bocca hanno assediato i cancelli degli spogliatoi e intonato al presidente Tommaso Ghirardi il loro slogan: «Vogliamo la testa di Marino». Anche il tecnico del Parma resta al suo posto - almeno per altri sette giorni - , motivando che è «da vigliacchi dimettersi e lasciare la squadra in questo momento». Vigliacchi in effetti sono gli altri 200 teppisti che ieri a Bari hanno preso a calci e sputi i giocatori della squadra pugliese, rei di essere gli ultimi della classe in Serie A. Sono i gesti neri dei soliti noti, la parte marcia del mondo ultrà, in cui da sempre esiste una minoranza (le Curve sono composte per lo più da gente appassionata e civile) che da anni fanno vivere sotto scorta il presidente della Lazio Claudio Lotito e che possono arrivare fino alla soglia di uno spogliatoio e minacciare - anche armati - giocatori e allenatore. Anche nell’era “rassicurante” della Tessera del tifoso questi piccoli branchi di teppisti agiscono ovunque, da Nord a Sud. «Nei nostri stadi ormai desertificati, si assiste a un livello di alienazione e il dialogo tra tifoseria e società si è rarefatto – dice Carlo Balestri, responsabile di “Progetto Ultrà” – . Perciò le frange estreme sono ancora più arrabbiate e diventano pericolose, specie nelle grandi piazze come Roma dove purtroppo godono o accampano ancora dei vecchi privilegi nei confronti del club. La provincia da questo punto di vista dovrebbe essere estranea. In realtà come Cesena e Parma esiste un legame viscerale tra tifoseria e società, perciò queste minacce rappresentano per fortuna delle eccezioni che comunque vanno stigmatizzate e ricondotte all’interno di un dialogo civile con magari la richiesta pacifica da parte della tifoseria di confrontarsi con il presidente e i giocatori. Il vero spirito ultrà, di solito non attacca, ma supporta, specie nei momenti più difficili della squadra».Che questa maggioranza civile e appassionata, dia una mano allora a tutti gli uomini del presidente per isolare quegli incivili, ai quali Campedelli ha giurato: «Li combetterò d’ora in poi, con le buone e con le cattive».
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