mercoledì 11 febbraio 2009
Non basta una discreta prova degli azzurri per evitare la sconfitta contro un Brasile superiore in tutto Si interrompe dopo 31 gare il record di Lippi.
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Che bello appellarsi alla nostal­gia. Soprattutto se la sostanza dei giorni nostri è priva di ma­gia, dilaniata com’è dalla manifesta superiorità di un Brasile che non sarà meravigliao ma tinteggia calcio come non riesce ai pittori colorati di az­zurro. Con 12 campioni del mondo al seguito (convalescenti compresi, vedi Camoranesi accomodato ini­zialmente in panca) e Marcello Lip­pi che si ferma a 31 risultati utili con­secutivi (addio record assoluto), l’Italia met­te in scena lo spetta­colo dei ricordi che fu­rono e che la nazio­nale di oggi, per limi­ti oggettivi (in primis difensivi) non può re­plicare. Accontentiamoci e vi­vremo sereni: l’ami­chevole (si può chia­mare tale?) di Londra ha regalato una con­tesa vera, e non è po­co in una notte di mezzo inverno con un derby-scu­detto alle porte (6 rossonerazzurri in campo) e una montagna di buoni motivi per affondare solo parzial­mente sull’acceleratore. Il derby del mondo, definizione coi fiocchi, è vis­suto sui canoni classici del match che scotta. Errori arbitrali, ritmo a mille, nervosismo finale, la voglia di stupi­re. Non c’è calcio senza poesia. Quel­la nostrana si è dovuta piegare (pre­sto) al cospetto di un Brasile (senza Kakà) furbescamente 'all’italiana', quasi sperimentale, super- concreto nell’affondare una retroguardia in­guardabile come quella azzurra. Fa- bio Cannavaro non al meglio ha sco­dellato gaffes a iosa, in condominio con Legrottaglie. Eppure gli azzurri erano partiti in quarta, a Grosso e Zambrotta lucci­cavano le gambe. Le fasce erano lo­ro, Maicon si rifugiava nella timidez­za, così come Adriano là davanti. Poi è arrivata la rete azzurra al 4’, annul­lata all’eroe di Berlino 2006 senza un perché. La posizione di Grosso era regolarizzata da Marcelo. Rimpianto e mera intuizione: con l’Italia in van­taggio poteva svilupparsi un altro ti­po di partita. Invece ossigeno e pe­date (di fino) made in Italy sono ca­lati di botto, per poi risorgere (inutil­mente) a pochi metri dal 90’. In mez­zo è decollato il Brasi­le- style, con i guizzi di Ronaldinho, le sortite di Elano e Robinho. Fragile l’impianto co­struito da Lippi. Mon­tolivo in mezzo con Pepe, Pirlo e De Ros­si, Gilardino e Di Na­tale in avanti. Il rosso­nero ha imbarcato ac­qua ad ogni passag­gio. Un faro spento, abbagliato dal doppio lampo brasiliano del primo tempo: Ro­binho serve in verticale Elano, che supera facilmente la resistenza di Le­grottaglie e insacca con Buffon in u­scita. Il raddoppio è un’ennesima in­certezza di Pirlo, Robinho strega i di­fensori azzurri e trova un angolo me­raviglioso. Nella ripresa Lippi dà spazio a Toni (rete annullata per fallo di mano), A­quilani e Camoranesi. Qualcosa di buono accade, non abbastanza per archiviare ricordi e sussulti. «Il Bra­sile oggi è più forte di noi, tra un an­no e mezzo chissà...» è il commento finale di Lippi. Auguri mister, qua­lunque cosa abbia voluto dire. Brasile-Italia: Ronaldinho in azione contrastato da De Rossi (Ap)
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