La
saeta rubia ha smesso di correre, Alfredo Di Stefano è morto oggi due giorni dopo essere stato colto da infarto. Al di là dei numeri (una Coppa America appena ventenne, otto volte campione di Spagna col Real, cinque Coppe dei Campioni consecutive sempre con le
merengues e segnando in tutte le finali, due Palloni d'oro), la storia lo ricorderà come una leggenda e comunque tra i più grandi di sempre. Molti di quelli che lo hanno visto giocare, infatti, sono pronti a giurare che la sua grandezza fosse addirittura superiore a quella di Pelè e Maradona. La classifica rimane arbitraria e comunque impossibile da stilare, certo è che la
saeta rubiaè stato il primo giocatore universale. Di Stefano, scomparso all'età di 88 anni, era nato a Buenos Aires: ma fu in Spagna, nel Real Madrid, che ha scritto pagine indelebili del calcio mondiale. Per uno scherzo del destino, Di Stefano era destinato a vestire la maglia del Barcellona, ma fu dirottato nella capitale spagnola da un intervento diretto del caudillo Franco. Da più di un addetto ai lavori era considerato il più forte di tutti i tempi con buona pace di Pelè e Maradona. Fu soprannominato la
saetta bionda perché spaziando in ogni parte del campo era capace di salvare la sua porta dal gol per infilare poi subito la palla nella porta avversaria, raggiunta con una delle sue discese travolgenti che gli portarono appunto il soprannome di
saeta rubia. In più, aveva una caratteristica unica per quei tempi: un attaccante di pura classe che aiutava la difesa, impostava l'azione e andava in gol. Il tutto a una velocità sconosciuta per quei tempi, quando il calcio si muoveva ancora al rallentatore. Insomma, un leader per classe, carisma e per quell'innato senso di superiorità, proprio di un altro argentino che trent'anni dopo gli avrebbe rubato la scena. Dopo un inizio di carriera nell'argentino River Plate e nei Millionarios di Bogotà, contribuì poi in maniera determinante ai successi del Real Madrid dal 1953 al 1964. Eletto Pallone d'oro due volte (1957 e 1959), Di Stefano aveva realizzato 49 gol in 58 partite di Coppa Campioni (l'attuale Champions League) che aveva vinto cinque volte consecutive con il Real (1956-60), mentre era stato otto volte campione di Spagna. Nel 1989, una giuria formata dai lettori di
France Football lo pose al vertice della speciale classifica Super Pallone d'Oro, davanti ai nomi pur prestigiosi di giocatori come Cruijff, Platini e Beckenbauer. La sua carriera di allenatore non fu altrettanto fulgida come quella di giocatore. Anzi, fu costellata da molti esoneri, prima fra tutti da quello del Real Madrid, di cui prese la guida nel 1982, succedendo al dimissionario Vujadin Boskov, ma che fu costretto a lasciare dopo meno di due anni. Poca fortuna anche con il Boca Juniors nel 1985 ed altro esonero dalla panchina del Valencia preso nel 1987 e costretto a lasciare l'anno dopo. Né ebbe molta fortuna il successivo ritorno alla guida del Real nel novembre del 1990 durato appena pochi mesi. Decisiva per il secondo esonero fu l'eliminazione dalla Coppa dei Campioni, nel marzo dell'anno successivo, sconfitto in casa 3-1 dallo Spartak Mosca. Dopo questo esonero, la vecchia gloria madridista tornò a fare il consigliere del presidente, fino a essere nominato successivamente presidente onorario del club. Al leggendario ex-giocatore argentino è intitolato anche lo stadio del Real Madrid Castilla, la squadra riserve delle
merengues. Situato nel centro sportivo di Valdebebas, fu inaugurato nel maggio 2006. Campione a tutto tondo, in campo e fuori, campo, Di Stefano ha vinto tutto e incantato tutti. Con l'unica "sfortuna" di essere grandissimo quando la televisione era ancora troppo piccola per poterlo celebrarne come avrebbe meritato il suo innato talento.