Un esempio delle analisi statistiche concernenti le prestazioni dell'asso del Barcellona Lionel Messi
In un articolo intitolato “Interpretazione critica di una partita di calcio” del 1978, ricordando i suoi esordi, Gianni Brera scriveva: «Occuparsi di tattiche, in Italia, divenne presto uno sfizio colpevole. I vecchi colleghi irridevano al pivello che io ero, così pretenzioso ai loro occhi da voler scoprire un calcio assolutamente irreale, anzi cervellotico». Il grande giornalista sportivo s’inventò un metodo di analisi con lo scopo di aiutare il pubblico a interpretare la partita. Mezzo secolo dopo, mentre i tifosi si divertono con il Fantacalcio e rischiano con le scommesse, i club professionistici hanno nell’organigramma un fuoriclasse pagato per non giocare: l’analista statistico. Colui che, senza i vecchi lavagna e gessetto, con i software dei pc sviscera e trasforma le partite in algoritmi. Una figura che allunga l’ombra dei suoi numeri persino sul calciomercato. Basta digitare nel database la richiesta: aCentrocampista offensivo con passaggi utili dell’X %» ed ecco apparire le figurine dei prescelti. Acquistarli, per completare l’album, è poi materia riservata a presidenti e direttori sportivi. Mike Forde, ex performance director del Chelsea, in un’intervista quantificò in «32 milioni di dati su 13 mila partite» le statistiche che ogni top club possiede in archivio.
Il pioniere dell’utilizzo del computer applicato al calcio fu l’allenatore sovietico Valeri Lobanovsky. Ingegnere, il grado di colonnello dell’Armata Rossa appuntato sulla giacca, a fine anni Sessanta “schierò” i mastodontici calcolatori che avevano spedito il primo uomo nello spazio - il russo Jurij Gagarin nel 1961 per il pallone, che con lui divenne rigorosa tattica e puro collettivo. Insieme a un gruppo di statistici sviluppò un programma capace di suddividere il terreno di gioco in 9 quadranti e calcolare i movimenti di ogni giocatore, oltre a coniare specifiche tabelle di allenamento. Con la Dinamo Kiev conquistò campionati e coppe in serie. Un altro precursore è stato l’attuale allenatore dell’Arsenal Arsène Wenger, laureato in ingegneria e amante della matematica: alla fine degli anni Ottanta, quando guidava il Monaco, usava “Top Score”, un programma sviluppato da un amico. Il “gol” decisivo della macchina all’uomo è segnato nel 1996-’97 quando la società inglese Opta, oggi una multinazionale presente in 13 Paesi, applica alla Premier League un nuovo sistema di valutazione: l’Opta Index. Per la prima volta i club potevano sapere quanti chilometri aveva percorso un giocatore. L’evoluzione informatica odierna analizza anche il tipo di corsa: la velocità, gli scatti, i cambi di direzione; le zone del campo occupate rilevate dall’intensità dei colori; i passaggi decisivi; il baricentro della squadra; il possesso palla etc etc. In Italia, intanto, grazie all’intuito di Mircea Lucescu allenatore del Brescia e all’applicazione di Adriano Bacconi nasceva la Digital Soccer Project (dal 2000 Panini Digital).
L’inizio è in stile Steve Jobs - Apple: l’analisi delle partite è realizzata all’interno di un garage della periferia bresciana con un computer portatile collegato a un dispositivo per il riconoscimento vocale e a due videoregistratori. Poi tocca alla Sics di Bassano del Grappa, che oggi sviluppa avanzati programmi di video-analisi delle partite per valutare le prestazioni individuali e collettive, la catalogazione e la creazione di filmati. Il best seller “Moneyball” di Michael Lewis stampato nel 2003 (e diventato nel 2011 un film diretto da Bennett Miller con Brad Pitt) impone la statistica sulla scena dei teatri sportivi raccontando la storia degli Oakland Athletics, franchigia di baseball della Major League. Il general manager Billy Beane, non avendo a disposizione grandi budget per gli acquisti, si affida per la scelta di giocatori di seconda e terza fascia e per gli schemi a uno staff di laureati in informatica e matematica. Arrivano le vittorie e la dimostrazione che l’analisi dei numeri vale, e forse batte, il denaro e gli occhi dell’allenatore. Partendo, nel 2005, da una telecamera su un cavalletto e un portatile sui campi della Liguria, tre giovani, Matteo Campodonico, Simone Falzetti e Piermaria Saltamacchia, grazie al sostegno di Antonio Gozzi, imprenditore e presidente della Virtus Entella, fondano la Wyscout. Da Chiavari, in pochi anni, diventa una delle principali società mondiali nel settore dello scouting per il calciomercato con un fatturato annuo di 7 milioni, 100 dipendenti, sedi a Dakar e Sofia.
Il sistema informatico della Wyscout seleziona le azioni di ogni calciatore delle gare monitorate catalogandole con delle etichette, in gergo tag, (destro, sinistro, testa, gol, assist). Oltre 500 club, dalla Roma al Manchester United, dal Bayern Monaco alla Juventus, con un abbonamento di 5mila euro al mese, si collegano al portale che contiene le schede di oltre 300 mila giocatori per scovare i talenti. A bordo campo brilla per completezza InStat Football, la banca dati e video, fondata a Mosca, che nel pacchetto clienti annovera 1.100 tra club e federazioni calcistiche (tra le quali l’Italia) ed elabora, con i suoi 300 analisti, anche statistiche sugli arbitri. Il futuro dietro la porta si chiama “Goal probability added”, un dato che rivela quanto le azioni di ogni giocatore in tutta la sua carriera abbiano aumentato o diminuito le possibilità della propria squadra di segnare. Per evitare che a qualche “cervellone” venga l’idea di scrivere le percentuali sulla maglia al posto dei numeri tradizionali e per mantenere un po’ di poesia nella scienza e anche di imprevidibilità. Altrimenti come spiegarsi una folle remuntada come quella di Barcellona-Psg 6-1?