«Evitare strumentalizzazioni e spettacolarizzazioni». Anche il presidente della Camera Laura Boldrini, esprime dubbi sul reality di Raiuno
Mission ambientato nei campi profughi di Sud Sudan, Mali e Congo, con la partecipazione dei vip. Sono state già registrate due puntate: la prima con Michele Cucuzza e Barbara De Rossi, la seconda con Paola Barale ed Emanuele Filiberto, mentre sono in partenza Al Bano, Catherine Spaak, Ricky Tognazzi e Arisa. Il programma, previsto in prima serata a dicembre, sta diventando un vero caso politico, dopo le proteste di molte Ong, una petizione sul web per il suo stop che ha raggiunto 30.000 firme e le interrogazioni mosse in Commissione di Vigilanza Rai, a partire proprio dal suo Presidente Roberto Fico. Ieri l’onorevole Boldrini ha scritto a "Repubblica" ammettendo che l’anno scorso, come portavoce dell’Acnur (organo delle Nazioni Unite per i rifugiati), aveva partecipato «ai primi contatti con la Rai» per la realizzazione di un programma. «che avesse l’obiettivo di rendere più comprensibile all’opinione pubblica italiana la condizione vera dei rifugiati» e «venne da me suggerito un format australiano» con «persone comuni, non certo vip». «Si pensava dunque ad una operazione di sensibilizzazione, non certo a un reality» aggiunge ricordando che il suo coinvolgimento si è «interrotto a fine anno, quando ho lasciato l’incarico di portavoce». Il presidente della Camera dice di non voler interferire con la Rai, ma spera «che il servizio pubblico non ne faccia una tardiva replica a spese dei rifugiati e della loro dignità». L’Aiart plaude la Boldrini: «Se vogliamo raccontare il dramma di queste persone facciamolo con dei reportage, con dei documentari, ma evitiamo lo strumento del reality» afferma il presidente Luca Borgomeo. La Rai assicura che «il servizio pubblico saprà muoversi nel rispetto della dignità delle persone, dei rifugiati e della sensibilità dell’opinione pubblica», esprimendo apprezzamento per «il rispetto che la Presidente Boldrini mostra per l’autonomia editoriale della Rai». «Nessuno ha intenzione di spettacolarizzare niente, ma semmai di divulgare un messaggio assolutamente prioritario a un pubblico maggiore» spiega Marco Rotelli, segretario generale di Intersos che collabora a
Mission. «Il lavoro umanitario e il suo messaggio normalmente rimangono confinati in un mondo molto chiuso in se stesso. Questa è una splendida opportunità».