Il direttore della Mostra del Cinema di Venezia Alberto Barbera, a destra, con il regista Gianfranco Rosi in concorso con "Notturno"
Venezia 77, «edizione laboratorio è un test che sta funzionando, il mondo ci invidia questa esperienza modello, Italia prima ad andare in lockdown, prima a ripartire in sicurezza con un festival del cinema». Il neo presidente della Biennale Roberto Cicutto parla di successo di una «Mostra in coproduzione, con il pubblico che rispetta le regole del distanziamento, la stampa che partecipa con diligenza al funzionamento e un’organizzazione encomiabile». I
I numeri causa forza maggiore sono per forza di cose inferiori all’anno passato: 5000 accreditati su 12mila del 2019, 20mila biglietti venduti sinora su 80mila finali dello scorso anno. Ma sono pur sempre un ottimo segnale. «Se mi parlate di glamour e tappeto rosso - prosegue Cicutto - meglio non giudicarlo proprio, sembra ricostruito per un set, un oggetto metafisico alla De Chirico. Quest’anno siamo tornati al titolo originale Mostra d’arte cinematografica, sapendo pure che il bacino di pesca era ridotto». «Eppure siamo rimasti sorpresi di quanti film si siano comunque presentati nonostante le difficoltà dovute al lockdown» ha aggiunto il direttore Alberto Barbera che, nonostante l’arrabbiatura per le critiche alla Mostra di Le Monde constata che «per ora sono più di gran lunga i giudizi positivi, una rassegna stampa persino imbarazzante negli elogi».
L’America che è una abbastanza vistosa assenza di Venezia 77 è effettivamente un problema: «sono rigidi. Hanno imposto tramite i loro legali a qualunque artista di venire, anche quelli che avrebbero voluto e volevano farlo sotto la propria responsabilità . Non c’è stato nulla da fare né per le major né per gli indipendenti. Il tema delle discriminazioni - su cui oggi al Lido c’è stato un convegno - ha determinato la scelta di Berlino di un premio cosiddetto “gender neutral”, ovvero alla migliore interpretazione cancellando la divisione in categorie femminili e maschili. Barbera è perplesso: «non credo sia una risposta adeguata ad un tema complesso che non riguarda solo i premi ma tanto altro: parità e diritti nel mondo del cinema, della produzione. E’ rischioso ridurlo ad un fatto di premi. Non vedo niente di discriminatorio o umiliante dare un premio per l’interpretazione femminile e uno per quella maschile». Intanto la giuria di Venezia 77 lavora alacremente, «non trapela nulla, non chiedo nulla ma so che CateBlanchett ha imposto riunioni giornaliere dopo aver visto i due film del concorso».