venerdì 27 giugno 2014
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Una persona mangia un pollo mentre l’altra resta digiuna: è la classica istantanea di quell’indagine pronta a far intuire che in media due persone hanno mangiato mezzo pollo a testa. Qualcosa di simile lo offre un sondaggio campione realizzato da Levissima, pronta a intervistare duemila tifosi del Milan fra i 18 e i 65 anni per chieder loro chi sia il personaggio più rappresentativo del club: vince Baresi (63% delle preferenze) , davanti a Maldini e Van Basten. C’è una inaspettata assenza, per lo meno dal podio, quella di Gianni Rivera. Che si classifica quinto, pure alle spalle di Shevchenko ma comunque davanti a Kaká, Gattuso, Altafini, Gullit e Tassotti. Scelte più o meno oculate da parte del popolo rossonero, ma resta la sensazione d’una memoria storica svanita di colpo pure fra quelli che hanno scavalcato gli “anta”.Lecita la domanda allora: esistono ancora le “bandiere” nel calcio? Ogni tifoso ostenta la sua: gli interisti hanno Zanetti, gli juventini Del Piero e i romanisti Totti, mentre laziali, cagliaritani e torinisti si soffermano sui tempi andati di Chinaglia, Riva e Valentino Mazzola. Siamo schietti: la bandiera nasce nell’immaginario, per cui diventa inutile rimuginare sulla scelta dei rossoneri, che lascia interdetti non tanto gli osservatori di parte quanto i puristi del football legato al “si stava meglio quando si stava peggio”. E che non dimenticano per esempio la una nota stonata: all’ovazione dello Juventus Stadium nel giorno dell’addio di Del Piero alla Vecchia Signora non è corrisposta passione simile da parte del club, il cui «grazie per quel che ha fatto per noi» s’è tramutato in un finale di carriera australiano. Di palo in frasca: alle pendici di Monte Mario, dove Totti, “il capitano” viene considerato un intoccabile dai fans, qualcuno comincia a supporre che il post carriera del numero 10 giallorosso possa essere lontano da Trigoria. Sull’altra sponda del Tevere s’è allungata la lista dei capitani veduti al miglior offerente: da Nesta a Liverani, da Oddo a Zauri. Qualcuno ha avuto l’onore di veder la maglia ritirata, idea nata in casa West Ham col ritiro della numero 6 indossata da Bobby Moore. Dopo di lui, i numeri di maglia di Cruijff, Maradona, Pelè, Riva, Facchetti e Baggio non sono stati più indossati per meriti acquisiti, mentre doveroso omaggio a calciatori rimpianti sono stati dedicati al genoano Signorini e all’irpino Lombardi, bandiere dei loro club d’appartenenza pur senza aver mai vinto un Pallone d’Oro né uno scudetto. Che valore ha oggi la “bandiera” in uno sport dove basta poco per spostarsi da un club all’altro? Le icone da ostentare sono sempre meno. Il calcio oggi è un business, prendere o lasciare, anche se l’illusione d’un passato da replicare balena ancora nella mente di chi vorrebbe resettare un pallone in cui non si riconosce più.
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