«La sofferenza di Dio e la crudeltà dell’uomo ». Antonio Pappano le ritrova nella Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach «una pagina intensa e ruvida» che sta provando a Roma. La dirigerà da giovedì, per tre sere, al Parco della musica, appuntamento pasquale dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, istituzione che Pappano guida dal 2005. Ma «la sofferenza di Dio e la crudeltà dell’uomo» il direttore d’orchestra italo-britannico le ritrova anche nelle violenze che ormai quotidianamente sconvolgono il mondo: la strage dei cristiani copti in Egitto, l’attacco a Stoccolma «e l’attentato a Londra del 22 marzo. Ero in città, la mia città, quella del mio teatro, il Covent Garden, e sono rimasto sconcertato».
E come ha reagito, maestro Pappano?
«Facendo musica. La sera avevamo in cartellone I maestri cantori di Wagner. Mi aspettavo che tutto si bloccasse, che i teatri tenessero chiuso il sipario perché di fronte a una violenza inspiegabile e incomprensibile il rischio è quello di un ripiegamento su se stessi, la tentazione quella di correre a casa e restare lì per la paura. Invece non è stato così. Quella sera abbiamo fatto regolarmente spettacolo e come noi tutte le altre istituzioni culturali, perché è importante reagire e non permettere alla strategia del terrore di sopraffarci».
Ma cosa può fare la musica davanti a bombe e kamikaze?
«Può far ritrovare alle persone il senso di essere comunità. Il teatro è il luogo dove una collettività si riunisce, condivide emozioni e prova a ricostruire una propria identità civile. Così come nelle chiese, attraverso la preghiera e la riflessione, ritrova la propria identità spirituale».
Bach sembra unire questi due aspetti. Cosa significa per lei proporre la Passione secondo Giovanni nei giorni in cui la Chiesa fa memoria della morte e resurrezione di Cristo?
«Un’esperienza musicale, certo, perché è un’ulteriore tappa di un percorso dedicato al compositore di Lipsia che mi ha visto affrontare con Santa Cecilia la Passione secondo Matteo, la Messa in si minore e il Magnificat. Ma soprattutto un’espe- rienza spirituale intensa. La Passione secondo Giovanni è stata scritta da un giovane Bach e dentro c’è lo sconforto di chi non si rassegna alla crudeltà dell’uomo, quella rappresentata dai capi del popolo ebraico che vogliono togliere di mezzo Gesù. Una pagina che più che commovente è sconcertante per come racconta sin dove può arrivare la crudeltà dell’uomo. Il tipo di scrittura corale che Bach usa è picchiettata, staccata, tutta concentrata sulla parola tanto che gli interpreti, più che come voci, si devono pensare come attori che sputano parole in faccia al pubblico».
La Passione ha, infatti, un andamento teatrale. È essenziale, diretta, entra subito nel cuore della vicenda.
«Dopo il primo numero, che è un grande corale, il primo recitativo ci porta nella valle del Cedron, sul monte degli Ulivi, dove Giuda indica ai soldati chi è Gesù per farlo arrestare. Una pagina drammaturgicamente forte dove incontriamo figure come Pilato che lotta con se stesso, non capisce l’atteggiamento del popolo ebreo, ma alla fine si rassegna e si lava le mani. O come Pietro con il suo tradimento e il suo pentimento profondamente umani».
C’è un personaggio al quale si sente più vicino?
«Direi a Gesù che è l’ideale al quale tutti tendiamo. Ma è Bach al quale io come musicista e direttore devo essere il più vicino possibile, è lui che devo servire per rendere giustizia alla sua musica. Bach indica la strada, chiede umiltà a chi esegue la sua musica».
La sua scelta di eseguire la Passione in un’unica arcata, senza intervallo, è per ribadire il valore musicale e insieme spirituale di questa pagina?
«Al di là della teatralità, il cuore della Passione è il racconto evangelico di Giovanni che tutti conosciamo sin dall’infanzia, una pagina che il compositore ci ripropone chiedendoci di meditarla: le oasi corali suonano come un balsamo per la sofferenza di Cristo, diventano un momento di contemplazio-ne delle cose violente che stanno succedendo, pagine nelle quali ritroviamo il senso di comunità che ci può aiutare ad andare avanti nei momenti difficili perché qui il coro è la voce di una collettività che fa sentire la sua compassione a chi sta soffrendo».
Qual è il suo rapporto con la fede?
«Credo profondamente. E cerco di riflettere su che tipo di persona voglio essere. Per questo l’esempio di Gesù è importante perché ci indica la strada che come uomini siamo chiamati a percorrere. Cerco poi di avere la capacità di ascoltare gli altri e di trattare sempre con rispetto le persone con le quali entro in contatto. E poi mi dedico seriamente al mio lavoro: sono figlio di migranti e sento molto l’importanza del lavoro come un ambito della nostra vita nel quale incarnare il nostro essere credenti, essendo onesti e promuovendo la dignità di ogni persona».
E il suo rapporto con il dolore?
«Vivo, come tutti, quel dolore personale di quando le cose non vanno come dovrebbero andare nella vita e nel lavoro. Ma il vero dolore, quello dell’anima, non l’ho vissuto molte volte: ho sofferto per la perdita di mio padre, una delle prove più dure che ho dovuto affrontare. Ogni giorno, invece, facendo musica, affondo le mani nel dolore dell’uomo che i compositori, in particolare quelli che hanno scritto opere liriche, hanno messo nella loro musica. E anche questo mi aiuta a comprendere il mondo che mi circonda».
I CONCERTI. Note sacre in tutta Italia
Antonio Pappano dirige giovedì alle 19.30 (repliche venerdì alle 20.30 e sabato alle 18) la Passione secondo Giovanni con orchestra e coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia al Parco della musica di Roma. Sempre a Roma diversi gli appuntamenti lungo tutta la settimana del Festival di Pasqua: domenica appuntamento in Sant’Andrea della Valle, lunedì in Santa Dorotea in Trastevere. A Milano, invece, l’Orchestra Verdi propone la Passione secondo Matteo di Bach diretta da Ruben Jais: appuntamento oggi e venerdì nell’Auditorium di largo Mahler, domani alle 19.30 in Duomo. Oggi e domani a Lendinara e Bresso di Teolo concerto di Pasqua anche per l’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Marco Angius con Haydn e Mahler. Domani in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna la Young musicians european orchestra diretta da Paolo Olmi affronta lo Stabat Materdi Rossini: tra i leggi siedono anche giovani membri dell’Orchestra sinfonica nazionale di Teheran.