giovedì 19 giugno 2014
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«Non è bello, non canta bene e scrive pure brutte canzoni». Se c’è un giudizio che ancora oggi incrina il sorriso da baldo novantenne che Charles Aznavour sfodera in giro per il mondo è quello raccattato agli esordi da un critico che ancora oggi lui non si dispiace di bollare come «crétin». «Per sbollire la rabbia di quella recensione, non mi bastò scrivere una canzone come La critique, volevo un riscatto» ammette. «Così la eseguivo sempre alle première dei miei spettacoli, dopo essermi sincerato che la platea fosse bella piena di giornalisti». E il carattere bonario, ma fermo, di una vita spesa tra palcoscenico, set e telecamera, il cantante franco-armeno lo riserva pure all’incontro in Campidoglio, assieme al promoter David Zard e al sindaco romano Ignazio Marino, per la presentazione del cartellone di quel Centrale Live che lo vedrà in scena al Foro Italico il primo luglio in esclusiva nazionale.«Rimarrò in città qualche giorno e attraverso l’ambasciata armena presso la Santa Sede ho fatto inoltrare la richiesta di un incontro con il Pontefice» rivela. «Spero di essere ricevuto perché ho incontrato due volte Papa Ratzinger e sono state esperienze molto profonde. Anche se io non faccio differenze tra chiese, sinagoghe o moschee: per me esiste un unico Dio». C’è da dire che l’atavica smania di rivalsa lo spinge ancora oggi «pianista» di François Truffaut a fare cose eccezionali come quella di imbarcarsi in un tour mondiale e a lamentarsi dei festeggiamenti che dal 22 maggio accompagnano un compleanno più importante degli altri.«È da quando ho 50 anni che ho smesso di festeggiare. La prossima volta sarà direttamente per i 100» assicura con una risata. «Ci arriverò, statene certi, perché i caucasici come me vivono anche fino a 130-140 anni. E se dovessi andarmene prima potrete sempre dire: "Poverino, non ce l’ha fatta"». Scherza monsieur Aznavour, sulla sua vita come sugli amori complicati delle sue canzoni. «La gente felice non ha storie da raccontare, mentre gli infelici sì» ammette. E una delle più melanconiche è quella Comme Ils disent, approdata in Italia con il titolo Quel che si dice, con cui nel ’72 affrontava il delicato tema dell’omosessualità. «Per me nelle canzoni i sentimenti non devono essere tabù. Basta stare sempre attenti ad evitare la volgarità, perché uccide la poesia e la verità. A ottobre canterò in Russia e quindi spero di eseguire quel brano pure a Mosca. Ho sentito che Putin è contro gli omosessuali e non mi piace che si condanni qualcuno per questo motivo. Se le autorità mi chiedessero di non farlo, però, forse non la canterei. In quanto ambasciatore armeno in Svizzera ho un ruolo diplomatico e il mio Paese è molto aiutato in questo momento dalla Russia. Speriamo che si dimentichino di chiedermelo».Anche se vive tra Parigi e Mouriès, vicino a Marsiglia, la sua gente rimane il primo dei suoi pensieri. Negli anni Novanta, ai tempi della guerra nel Nagorno Karabah, ad esempio, Aznavour finanziava di tasca sua un volo settimanale Yerevan-Parigi per offrire ai connazionali l’opportunità di ricongiungersi ai familiari rifugiati in Francia. E sempre di tasca sua finanzia l’organizzazione Aznavour per l’Armenia a sostegno degli orfanotrofi femminili. E sulla ventilata adesione della Turchia all’Unione Europea ha una visione molto chiara. «Non mi considero un nemico della Turchia e so che tanta gente spera di ascoltarmi in concerto un giorno pure lì. Dico però che le mezze scuse messe sul tavolo del popolo armeno da un premier come Erdogan per il genocidio del 1915-16 non bastano. Occorrono gesti concreti da parte delle istituzioni turche. Solo a quel punto l’Unione europea dovrebbe valutare l’eventuale adesione di Ankara».Il futuro è ancora sulla scena. «A questa età si vede, si sente, si ricorda di meno. L’importante è essere sinceri con il pubblico. E io lo sono sempre stato. Aiutato anche da canzoni che durano nel tempo. Il pubblico? Quando canto in Francia mi sorprende sempre un po’ scoprire che in buona parte si tratta di figli di immigrati». Qui da noi il suo repertorio l’hanno bordeggiato in tanti, da Gino Paoli a Domenico Modugno, da Mina ad Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, Gigliola Cinquetti, Gipo Farassino, Mia Martini, Enrico Ruggeri, Renato Zero, Laura Pausini, Franco Battiato e quel Massimo Ranieri che Aznavour reputa «uno degli artisti più completi che ci siano oggi in Europa, perché canta, balla e recita benissimo».
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