Un mito. Un campione. Un uomo. Un latin lover. Un innamorato di Dio.
Senna, il nuovo documentario sul pilota di Formula Uno scomparso 17 anni fa a Imola nel terribile incidente durante il Gran Premio di San Marino, è molto più di un film. Lo vedremo nelle sale italiane l’11 febbraio distribuito da Universal. A dirigerlo il regista inglese Asif Kapadia che, insieme allo sceneggiatore e al produttore, ha convinto per la prima volta la famiglia Senna a dare il consenso per un film sul grande Ayrton. Ricco di materiali inediti, provenienti dalla società della Formula Uno, e di interviste ai più famosi cronisti e alla sorella (volutamente lasciate fuori campo), il film colpisce al cuore per il coraggio e la forza di Ayrton. La realtà della sua vita e le immagini, regalando emozioni e verità, dipingono la breve vita di un ragazzo brasiliano vincitore di ben 41 Gran Premi e campione del mondo per ben tre volte, nel 1988, nel 1990 e nel 1991. «Quando non c’era la politica in mezzo»: sono le parole di Senna che, con uno schizzo veloce rivelano la sua sensibilità e danno il via al film mostrando la nostalgia per la prima gara di go-kart. Sincerità e trasparenza, sfida e coraggio, definiscono la personalità del pilota sin dal suo inizio di carriera al Gran Premio automobilistico di Monaco. Era il giugno del 1984, sesta gara di Formula Uno, quando Ayrton, partito in tredicesima posizione, arrivò primo, gareggiando contro tanti celebrati campioni del mondo come Niki Lauda. La realtà fu però ribaltata: la sospensione della gara a causa della pioggia decretò che il primo posto fosse assegnato ad Alain Prost. Quattro anni dopo, nel 1988, Senna entra nella scuderia della britannica McLaren proprio al fianco del pilota francese. E fu durante il Gran Premio del Giappone, quando i due colleghi lottavano l’uno contro l’altro, che emerse il talento di Ayrton: il pilota brasiliano, dopo essersi fermato per un problema al motore, ripartì fino a raggiungere e a superare Prost, vincendo il titolo. Da lì la competizione tra i due divenne sempre più ruvida, provocando persino due scontri in pista tra le due macchine in gara per il Gran Premio del Giappone nel 1989 e nel 1990. «La sua è una storia fantastica e irripetibile – racconta il regista –, perché c’erano l’ascesa, il successo e tutte le avversità di quando si raggiunge la vetta. Dal personaggio "tragicomico" Jean Marie Balestre, il direttore francese dell’organo dirigente della Formula Uno, fino al pilota Alain Prost, il rivale di quattro campionati del mondo, il documentario racconta anche il lato intimo di Senna: la sua famiglia, le fidanzate, il suo rapporto col Brasile. Era tutto quello che serviva per realizzare un buon film. Ed era tutto vero». Come vera era la fede di Senna, che lo portava a sentire la presenza di Dio nella vittoria e nella sconfitta: «Mi sono avvicinato a Dio dopo aver sbagliato» confessa ad una telecamera. Fino, dopo un funerale pieno di affetto e di lacrime sincere per un uomo che aveva regalato gioia ed entusiasmo a un Paese difficile come il Brasile, all’indimenticabile citazione di san Paolo sulla sua tomba: «Nulla mi potrà separare dall’amore di Dio».