«Questa sera sarà il delirio al Maracanà...», canta il nostro rapper Emis Killa. Ma noi, intesi come Nazionale di calcio, non ci saremo al gran finale di Brasile 2014.Ci sarà invece «ItalArgentina». Si perché 7 dei 22 convocati da Alejandro Sabella militano nella nostra povera Serie A. Così, almeno per una sera potremo illuderci, come fa il presidente della Lazio Lotito («uno tra Biglia e Klose sarà campione del mondo»), che il nostro stranierificio è di livello mundial.Mentre nella sbrindellata Nazionale di Prandelli il blocco Juventus non ha funzionato, quello del Bayern Monaco (ben 7 giocatori) innestato nella Germania di Joachim Loew, sin qui ha sciorinato “calcio meraviglia”.Questa sera (ore 21 italiane) nel vecchio eppur rinnovato tempio del
futebol, il nuovo Maracanà, si affronteranno la selezione con il miglior attacco, quella tedesca con 17 reti realizzate, contro la miglior difesa del torneo, 3 gol subiti dalla roccaforte della Seleccion. Dopo la caduta degli dei, il “jogo bonito” della Seleçao, chi cerca nell’Argentina di Sabella una parvenza di fosforo e fantasia sudamericana deve ripassare alla prossima Coppa del Mondo (Russia 2018) e forse i tempi non saranno ancora maturi. Lo “psicologo” Alejandro, dicono abbia una laurea da “strizzacervelli”, qualsiasi sia l’esito della finalissima è preparato mentalmente a lasciare la panchina (Simeone in pole per sostituirlo). Ha ottenuto il massimo e ha saputo gestire al meglio lo stellone ingombrante di Messi. Lo ha assecondato in tutto, a cominciare dal depennamento, ingiusto, dell’
Apache Carlitos Tevez che ha stupito tutti al suo primo anno alla Juventus. «Sabella non mi chiama nonostante i 19 gol che ho segnato quest’anno? Ma lui non ha Sky e non ha visto niente...», ha sdrammatizzato, amaro, Tevez quando ha avuto la conferma della sua mancata convocazione al Mondiale. La sua assenza lì davanti l’ha colmata in parte Messi nella fase a gironi andando a segno 4 volte. Palacio non è ancora pervenuto, mentre il bomberone napoletano Higuain l’unico lampo di classe l’ha concesso realizzando la rete provvidenziale contro il Belgio. Tutto il resto è noia. Per i tedeschi Neuer (si legge “noier”), la saracinesca della Germania, n.1 del ranking dei portieri. Dall’altra parte non scherza neppure il doriano Romero che è stato il “messia” nella lotteria dei rigori nella semifinale vinta contro l’Olanda. Ma il vero “messia” è Leo Messi, chiamato a gran voce dalla tifoseria argentina che, per l’evento, ha traslocato in massa a Rio de Janeiro.I brasiliani annunciano un tifo spietato a favore della Germania, nonostante l’umiliazione subita nel “Mineirazo”, l’epocale 7-1 di Belo Horizonte con cui la
Mannschaft ha disintegrato l’arrendevole Seleçao. «Ora o mai più», dicono i supporters teutonici. Un mantra che Loew ripete silenziosamente a se stesso nel pensatoio di bordo campo.L’ombroso Joachim, da otto anni alla guida della Germania, è saturo di complimenti per il bel gioco che esprime la sua creatura rivoluzionaria e multirazziale. E dopo 3 podi, argento a Euro 2008, due bronzi ai Mondiali del Sudafrica 2010 e all’ultimo Europeo di Polonia-Ucraina, Loew ora pretende il primato. «Mi manca solo il primo posto», si è lasciato andare in un attimo di sbottonamento pubblico che di solito non ha il raffinatissimo ct tedesco.Una morbidezza filosofica la sua che si respira anche nello spogliatoio, in cui alla concretezza dei cecchini infallibili Thomas Müller (5 reti, con un altro gol raggiunge il colombiano James Rodriguez) e Miroslav Klose, recordman con 16 centri in quattro edizioni mondiali disputate, si fonde l’eleganza di Ozil e la duttilità del faro di centrocampo Toni Kroos. E la sfida si deciderà proprio lì, in mezzo al campo. Assente quasi sicuro Di Maria, Sabella chiede una prova superba al suo “triangolo delle bermude”: Biglia, Perez e Mascherano. Quest’ultimo, lo Javier di San Lorenzo è riconosciuto come il leader carismatico dell’
Albiceleste, con la quale è salito sul gradino più alto del podio olimpico per due volte: oro ad Atene 2004 e a Pechino 2008. «L’ultima finale che ho disputato, assieme a Messi», dice con un piglio di rivalsa Mascherano che invita a
ganar i compagni. Voglia di lotta e grinta che unita alla «solidità, dovrebbero bastare alla selezione di Sabella per vincere la Coppa del Mondo», dice uno che la sa lunga come Cesar Luis Menotti, il primo stratega iridato nella storia della Seleccion al Mundial d’Argentina 1978. Poi ci fu il bis maradoniano di Messico ’86 e infine una delle ragioni più stimolanti per Mascherano e soci: riscattare la finale-beffa di Italia ’90, persa per un calcio di rigore di Brehme.Con psiche e onore, l’Argentina farà di tutto per ottenere il suo terzo titolo, anche se il kaiser Franz Beckenbauer prevede la quarta stella cucita sulla maglia della Germania e profetizza: «Vinceremo, 2-0». Per ora si parte dall’1-0 in tribuna presidenziale, frau Angela Merkel ci sarà, mentre la sua collega Cristina Kirchner dà forfait. Però, se all’ultimo momento, giocasse Di Maria, gli argentini si sentirebbero già sul 2-1, ancora prima che l’italiano Rizzoli fischi il calcio d’inizio.