giovedì 13 giugno 2024
La 22enne Sabatini, regina dei 100 metri a Tokyo, punta al bis e non solo: «Spero che tanti ragazzi trovino la luce in fondo al tunnel: lo sport concede sempre un’altra possibilità»
Luca Mazzone, Ambra Sabatini, Luca Pancalli, presidente della Federazione Paralimpica, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Gianmarco Tamberi, Arianna Errigo e Giovanni Malagò, presidente del Coni, durante la cerimonia nei giardini del Quirinale di consegna della bandiera tricolore per gli atleti in partenza per i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi

Luca Mazzone, Ambra Sabatini, Luca Pancalli, presidente della Federazione Paralimpica, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Gianmarco Tamberi, Arianna Errigo e Giovanni Malagò, presidente del Coni, durante la cerimonia nei giardini del Quirinale di consegna della bandiera tricolore per gli atleti in partenza per i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi - Ansa/Riccardo Antimani

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Sventolare il vessillo può appagare quanto vincere la medaglia d’oro, ma nel caso di Ambra Sabatini l’elezione a portabandiera della spedizione paralimpica azzurra in terra di Francia è contemporaneamente un riconoscimento per l’importante trionfo nei 100 metri a Tokyo 2021 e uno stimolo a migliorarsi nuovamente a Parigi.

«Essere scelta mi ha riempito il cuore di gioia, perché è la cosa più emozionante che lo sport potesse regalarmi. Ricorderò sempre l’attimo in cui mi è stata comunicata la notizia. In cuor mio ci credevo, ma un conto è sperarci un altro è farlo per davvero». Una benedizione non piovuta a caso, ma che ha baciato una ventiduenne livornese di nascita, ma cresciuta e residente a Porto Ercole, iperattiva sin dall’infanzia. Ha cominciato come pattinatrice, ha proseguito come pallavolista, per poi trovare nell’atletica leggera pane per i suoi denti. Correva e il vento le scombussolava la chioma riccioluta, così si è inventata le treccine che sono diventate il marchio di fabbrica.

Sognava di tatuarsi i cinque cerchi sul corpo, ma proprio cinque anni fa, mentre stava andando ad allenarsi sul campo di Grosseto, lo scooter su cui viaggiava col papà è stato colpito da un’auto. Amputazione della gamba sinistra sopra il ginocchio e una nuova vita da scrivere, sempre all’insegna dello sport. Stavolta nuoto e ciclismo, ideali per la riabilitazione. Poi, indossando la protesi, ecco il ritorno in pista dove è immediatamente spuntata una stella nel firmamento azzurro. Prima l’alloro ai campionati italiani nei 100 metri piani T63, poi al Grand Prix di Dubai il nuovo record del mondo e l’annessa qualificazione per Tokyo. In Giappone la prima volta sotto i tre agitos è un’apoteosi, perché nel penultimo giorno di gare mentre nello Stadio Nazionale – lo stesso dove un mese prima Marcell Jacobs e Gimbo Tamberi (che oggi insieme ad Arianna Errigo riceverà da Mattarella il tricolore per la cerimonia d’apertura olimpica) avevano scritto i dodici minuti più gloriosi dello sport italiano – Giove Pluvio sta scaricando una quantità di lacrime da inzuppare la pista quasi al limite della praticabilità, l’Italia estrae dal mazzo tre assi che monopolizzano il podio nei 100 metri femminili: oro e record del mondo per Ambra Sabatini con 14”11, argento a Martina Caironi e bronzo a Monica Contrafatto. L’anno passato le medesime atlete si sono ripetute nello stesso ordine ai Mondiali di Parigi (a Charlety e non allo Stade de France di St. Denis dove si assegneranno i titoli paralimpici), con Sabatini capace di portare il primato a 13”98.

Ambra Sabatini festeggia il trionfo a Tokyo 2020

Ambra Sabatini festeggia il trionfo a Tokyo 2020 - Epa/Thomas Lovelock

«È un riconoscimento che parte da lontano, perché da quando sono entrata nell’ambiente paralimpico ho dato il massimo, ma è anche uno sprone a bissare il risultato di Tokyo a Parigi. In Francia vorrei vivere un’esperienza decisamente migliore rispetto al Giappone, sia perché non ci saranno le restrizioni e le incombenze burocratiche del 2021, sia perché finalmente ci sarà il pubblico sugli spalti. Poter correre davanti a familiari e amici sarà tutta un’altra cosa». L’alfiera toscana sfilerà col tricolore in Place de la Concorde il 28 agosto sul far del tramonto, mentre per difendere il titolo dovrà aspettare sempre fino al penultimo giorno della rassegna, sabato 7 settembre quando Parigi sarà ormai al buio. «Non c’è giorno in cui non penso a quell’attimo. Sto lavorando duramente, allenandomi al centro sportivo delle Fiamme Gialle di Castelporziano. Ormai noi siamo professionisti come i normododati e se siamo arrivati a tanto lo dobbiamo a chi ci ha preceduto. Penso che i successi di Alex Zanardi e Bebe Vio abbiano aperto un sentiero, adesso diventato una strada e che noi dovremmo trasformare in autostrada». Stadio presumibilmente pieno e gare trasmesse in tv non solo in Italia, ma pure all’estero. L’interesse sulle Paralimpiadi cresce a vista d’occhio e nell’ambiente entrano nuovi attori: «Non solo tifosi o addetti ai lavori, ma anche tante aziende sponsor che magari prima ignoravano il nostro mondo, oppure nuovi media che in passato pensavano solo ai Giochi olimpici». La conseguenza è duplice: agli atleti è richiesta maggiore professionalità e contano sempre di più le prestazioni tecniche. «Prima un paralimpico faceva notizia per la sua storia, adesso per le misure, i tempi o i punti». Ma a Parigi più che il responso cronometrico servirà rivestirsi d’oro: «Meglio vincere con un tempo alto, che arrivare seconda migliorando il personale». Infine l’appello a muoversi: «Spero che le Paralimpiadi accendano un faro sul nostro ambiente e spingano tanti ragazzi a trovare la luce in fondo al tunnel attraverso lo sport, un contesto che regala nuove opportunità». La seconda chance può essere migliore della prima.

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