Amadeus - ANSA
«Ama se ne è andato e non ritorna più», canterebbe Laura Pausini alla notizia dell’addio di Amadeus alla Rai. Il giorno dopo la notizia choc, sì fa per dire, che in un amen ribalta tutti i palinsesti di Rai1 del futuro, va analizzata e senza fare zapping mentale. L’azienda, Mamma Rai, che in dieci anni lo ha adottato e come per magia trasformato da brutto anatroccolo in re, da concorrente di "Tale e quale show" (edizione 2014 su chiamata dell’amico Carlo Conti) in “dittatore artistico” di Sanremo e deus ex machina di "Affari tuoi".
E gli affari suoi in questo decennio dorato, di cui un lustro al comando della kermesse sanremese più remunerata di sempre (quasi 230 milioni di euro incassati dalla Rai in pubblicità nei cinque giorni del Festival) superati i magnifici sessanta (classe 1962) mister Amedeo Sebastiani, alias Amadeus, ha dimostrato di saperseli fare.
Agli americani della Warner Bros per il trasloco sulla Nove ha strappato un quadriennale da top player: 15 milioni di euro. E per far fare anche a lui “l’americano”, i manager di Discovery rilanciano sulla ruota della fortuna che arride sempre più stando agli ascolti record della stagione 2023-2024, mettendo a disposizione del neoacquisto Amadeus ben 100 milioni di dollari da investire in quiz, ricchi premi e cotillons. Cifre che alla povera Rai, dove le pareti da viale Mazzini fino a quelle di corso Sempione sono scrostate e i camerini gli stessi in cui la Carrà cambiava parrucca e Corrado Mantoni le giacche d’ordinanza, se le sognano.
E il povero telespettatore fidelizzato over 60 perde un altro pezzo da museo della televisione come il vecchio dj Ama. Un punto di riferimento per massaie e pensionati che una volta rimasti orfani dello scavicchiatore dei Pacchi di "Affari tuoi" rischiano forti crisi di identità. La soluzione è facile: allungare il ditino dal canale dall’1 al 9. Come già in tanti hanno sperimentato con la transumanza di Maurizio Crozza (ditino dal 7 al 9) prima e poi di Fabio Fazio e del suo Che tempo che fa versione Discovery (la stessa identica di Rai3) che ha travasato i 2-3 milioni di fedelissimi sul Nove.
L’abbandono di casa Rai da parte di Amadeus fa pensare ovviamente al primo passo dell’effetto domino che porterebbe a sperimentare la prova del Nove anche al fratello siculo Rosario Fiorello che, secondo molti, sta solo aspettando l’offerta o la proposta indecente, la stessa di Ama, alla quale non si può dire di no. Altro che strazio nella scelta e dispiacere nel lasciare la vecchia via, qui si lascia per raddoppiare il conto corrente personale. Si fanno gli affari propri, e le questioni politiche, le “storiche e fisiologiche” lottizzazioni in seno alla Rai o le presunte ingerenze della Premier Meloni, peraltro ex baby sitter di casa Fiorello, questa volta centrano molto poco.
Piuttosto si tratta di capire se la Rai ha un piano B. Se avrà o meno il coraggio di sacrificare parte dei 5 milioni e passa del popolo serale di Amadeus e di investire sui “nuovi” teleconduttori da affiancare all’ultimo dei mohicani, Carlo Conti che per ora, finché va, non lascia la barchetta nazionalpopolare.
Il nuovo che avanza si chiama Alessandro Cattelan, Valerio Lundini e a chi piace il Gioelier della tv Stefano De Martino. Tre nomi per ripartire, tre volti e tre voci che messi insieme non hanno gli anni di carriera di Amadeus, ma che rappresentano la vera sfida. Svecchiare la Rai, provando a non perdere il caro vecchio abbonato che vive di ricordi e nostalgie canaglie stile Techetecheté.
Per la 70enne Mamma Rai il rischio di perdere telespettatori è sicuro, così come quello di continuare a vedere sulla Nove le giacche damascate di Amadeus, l’esclusiva di Fazio a Kim Jong-un (ormai gli manca solo il dittatore coreano alla collezione delle interviste impossibili per gli altri) o il Rosario della sera di Fiorello (che arriverà, vedrete). Ma il 2024-2025 potrebbe essere davvero l’anno zero per il servizio pubblico, che è tale se apre davvero a tutti, a cominciare dai giovani.
Amadeus ha dimostrato che il Sanremo social a misura di millennials porta ricambio di pubblico e genera, oltre che pubblicità, interesse e perfino dibattito. Pertanto i giovani teleconduttori che finora hanno viaggiato con il freno a mano, perché ostacolati dallo spettro del dominus share, vanno lasciati liberi di osare, perché è solo così che potranno arrivare a scalare la montagna degli ascolti. E se c’è riuscito uno come Amadeus, scusate, ma c’è speranza per tutti.