sabato 21 gennaio 2012
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«È una delle cento più grandi artiste di tutti i tempi» scrisse di lei la rivista «Rolling Stones», dedicandole il 22esimo posto. E mai come stavolta era vero. Etta James, morta ieri in California a pochi giorni dal suo 74esimo compleanno, da tempo era ricoverata in ospedale a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Nel 2010 le era stata diagnosticata una leucemia, ma soffriva anche di demenza senile ed epatite C. Vincitrice di quattro Grammy Award e di diciassette Blues Music Awards, è stata inserita nella Rock & Roll Hall of Fame nel 1993, nella Blues Hall of Fame nel 2001 e nella Grammy Hall of Fame sia nel 1999 che nel 2008. Dati, premi e onorificenze che ripetono tutte una sola cosa: Etta James era la regina del blues e del rhythm & blues. Con i suoi capelli biondo platino e una voce sopraffina, divenne un mito già dal suo primo album d’esordio «At Last» del 1960, ed il singolo omonimo dell’anno successivo balzò subito in vetta alle classifiche e divenne la sua canzone-firma. I suoi successi artistici, tuttavia, sono stati spesso oscurati da problemi personali. Vittima della dipendenza dalla droga, la James è più volte entrata e uscita dai centri di disintossicazione e nel 1969 venne condannata a dieci anni di prigione per possesso di eroina. Nata a Los Angeles da madre afro-americana e padre bianco, a soli 5 anni cantava brani gospel nel coro della chiesa. Fu Johnny Otis a scegliere il suo nome d’arte. Gli bastò dividere e invertire il nome di battesimo e Jamesetta Hawkins divenne per tutti Etta James. La sua voce faceva miracoli. Era impossibile rimanere indifferenti ascoltandola. E più lei cresceva e riceveva premi e più la sua dipendenza dalla droga tornava a crearle problemi. Negli anni Ottanta finì persino in clinica psichiatrica. Poi, sembrava essersi ripresa. Lo scorso novembre era uscito un nuovo album, «The Dreamer», ma attraverso il suo manager Etta aveva già annunciato che sarebbe stato l’ultimo. Stava male. E sapeva che la lecuemia non le dava scampo. Anche la testa spesso le giocava brutti scherzi. Come quando fece un’assurda scenata contro Barack e Michelle Obama, «colpevoli» di avere scelto la sua «At last», per il primo ballo della coppia presidenziale per la festa dell’insediamento alla Casa Bianca, affidandolla però a Beyoncè.
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