Il pianista e direttore d'orchestra Zoltán Kocsis nell'immagine pubblicata sul proprio sito, come segno di lutto, dall'Orchestra Filarmonica Nazionale Ungherese di Budapest
È morto ieri a Budapest il pianista e direttore d’orchestra ungherese Zoltán Kocsis. Aveva 64 anni. L’annuncio è stato dato dall’Orchestra Filarmonica Nazionale Ungherese, di cui era direttore principale dal 1997. Kocsis aveva subito un intervento al cuore nel 2012 e il mese scorso su consiglio dei medici aveva sospeso i concerti in programma. “Kocsis era un gigante della musica – ha detto il direttore d’orchestra Ivan Fischer, con cui nel 1983 aveva fondato la Budapest Festival Orchestra (BFO) – Era uno dei geni rari... la sua influenza sulla sua generazione è incommensurabile”.
Nato a Budapest nel 1952, Kocsis aveva iniziato gli studi di pianoforte a tre anni e si era affacciato sul mondo concertistico internazionale nel 1970, quando dopo la vittoria del concorso Beethoven della radio ungherese, andò in tour negli Stati Uniti. Nel corso della carriera si è esibito molte volte con i Berliner Philharmoniker, la Royal Philharmonic di Londra, i Wiener Philharmoniker, la Chicago Symphony Orchestra e la San Francisco Symphony Orchestra. A partire dagli anni ’80 aveva dedicato sempre maggiore spazio alla direzione di orchestra e dal 1987 aveva iniziato a comporre.
Dotato di tecnica solidissima e grande sensibilità interpretativa che si traduceva in un suono denso, di corpo robusto, sempre controllato, lucidamente analitico nella capacità di portare in luce le ragioni strutturali e la ricchezza dei dettagli, si era presto affermato come uno dei principali interpreti della musica pianistica di Béla Bartók, ma la sua versatilità gli aveva consentito di affrontare un repertorio ampio che andava da Mozart, Beethoven e Schubert fino a Chopin e Liszt. Un altro importante capitolo della sua ricerca è stata la musica di Debussy, autore affrontato sotto il profilo della razionalità, con esiti sorprendenti. La musica contemporanea entrava nei suoi programmi soprattutto sotto le firme di altri due ungheresi illustri come Kurtág (di cui era stato allievo) e Ligeti.