«Abbiamo bisogno di agire concretamente senza dover ricorrere all'intervento militare». Un appello per rifiutare l'intervento armato in Siria, come in Egitto. Si intitola "Sveglia!" e lo firmano Savino Pezzotta (politico), Don Luigi Ciotti (Libera), Flavio Lotti (direttore del Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani), Antonio Papisca (professore fdi tutela dei diritti umani), Marco Mascia (professore di Relazioni internazionali e di Sicurezza internazionale), Marco Vinicio Guasticchi (presidente della Provincia di Perugia), Beppe Giulietti (giornalista), Ottavia Piccolo (attrice), padre Efrem Tresoldi (nuovo direttore di Nigrizia) e Gabriella Stramaccioni (Libera).
I firmatari prendono parola per rompere il silenzio della politica. «Certo – scrivono – l'Italia è in una situazione complicata» e «non può farcela da sola». Ma bisogna partire da un nuovo atteggiamwento dell'Italia. Quello che si chiede nell'appello è di elaborare una «proposta politica lungimirante» che possa essere adottata a livello europeo. Senza imbracciare armi. Perché, prosegue l'appello, è necessario rinsaldare valori quali «il ripudio della guerra, la condanna per ogni forma di violenza e di arbitrio, il primato della dignità umana, il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani». Altrimenti non ci potranno essere soluzioni possibili per i conflitti nel Mediterraneo come in Medio Oriente. E più passa il tempo, più agire diventa difficile.
«I costruttori di pace oggi hanno perso la loro capacità di mobilitare persone. Non siamo più nel 2003 (anno della guerra in Iraq, ndr): è un fatto». È questa l'analisi di Flavio Lotti, portavoce della Tavola per la pace e direttore del “Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani”. Se nel conflitto siriano la voce dei pacifisti si è fatta sentire poco è colpa anche di questo. «La crisi economica ha trasformato la società: ha eliminato il mondo dall'agenda di molte persone». E alle accuse rivolte al pacifismo italiano di essere un po' troppo vicino ad Assad in quanto antimperialista e nemico di Israele e degli americani, Lotti replica: «Un approccio ideologico a tragedie come quelle che stanno stravolgendo il Mediterraneo e il Medio Oriente è inutile e controproducente: non dà alcun contributo a una lettura dei fatti». Essere contro l'intervento militare, per Flavio Lotti è essere contrari ad un moltiplicarsi del conflitto. Non ci sono soluzioni facili né a breve termine, prosegue: «Stiamo già assistendo ad un'internazionalizzazione del conflitto. Le potenze mondiali hanno già deciso da tempo da che parte stare». Per superare l'impasse «ciascuno dovrebbe superare il proprio interesse singolo. Dire no all'intervento è dire no all'estendersi del conflitto». Nell'immediato, l'unico aiuto concreto è quello che le potenze internazionali possono offrire a chi sta accogliendo le migliaia di rifugiati: «Gli aiuti umanitari – spiega Lotti – stanno arrivando a fatica».
Positivo, secondo Lotti, l'atteggiamento fin qui tenuto dalla Farnesina. «Chiedere il cappello delle Nazioni Unite è una presa di posizione diplomatica contraria ad atti unilaterali, che invece sembrano sempre più vicini», aggiunge. Il problema dell'Italia però va oltre il dramma siriano: «In un momento in cui l'Onu perde credibilità e l'assenza dell'Europa è manifesta il nostro Paese per la sua storia e la sua posizione dovrebbe giocare un ruolo da protagonista. Invece paghiamo 15 anni in cui è scomparsa la nostra politica estera».
«Non si può aggiungere dolore a dolore, non si possono aggiungere bombardamenti alla follia delle armi chimiche, non si possono aggiungere altre vittime civili, tra cui molti bambini, e altri sfollati», commenta Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII. La via per uscire dal conflitto - ricorda - «non può assolutamente essere quella delle armi e della guerra che può provocare un incendio di proporzioni inimmaginabili, come sì è visto ormai in molti altri casi».