Pressante appello del leader del Movimento per la Vita, Carlo Casini, e dei presidenti emeriti della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre e Cesare Mirabelli, affinché il governo italiano presenti al più presto ricorso verso la sentenza di primo grado della Corte europea dei diritti dell’uomo contro il divieto di diagnosi preimpianto dell’embrione sancito dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. La sentenza è stata emessa da Strasburgo il 28 agosto scorso e quindi il governo ha tempo fino al 27 di novembre. Tra i motivi che rendono doveroso il ricorso, oltre all’esigenza del rispetto del «margine di apprezzamento» del legislatore nazionale in temi etici, c’è anche il fatto che l’iniziativa contro lo Stato italiano è stata mossa senza prima rispettare tutti i livelli di giudizio interni, come invece richiede la Corte europea. «Sarebbe altamente significativo» ha commentato Casini «se il ricorso fosse presentato nell’anniversario della Convenzione sui diritti dell’infanzia. Il bambino non nato è a pieno titolo soggetto di diritti e come tali ha diritto a non essere letteralmente fatto a pezzi (spesso con conseguenze fatali) per inseguire il diritto-non-diritto della madre o dei genitori al figlio ad ogni costo ed al figlio sano». L’appello è stato lanciato nella sala stampa della Camera nel corso della presentazione del libro "Noi non li dimentichiamo, viaggio tra i bambini non nati", per celebrare l’anniversario della Convenzione approvata dall’Assemblea dell’Onu, il 20 novembre 1989. Nel libro vengono tra l’altro riportate le numerose testimonianze eroiche di madri, raccolte nel blog di Luigi Accattoli, che hanno sacrificato la loro vita per permettere al figlio concepito di nascere: dalla santa Gianna Beretta Molla a Chiara Corbella, morta nello scorso giugno per aver rinunciato alle cure contro il cancro per dare alla vita al bimbo che aveva in grembo. Sono prove autentiche e credibili che il piccolo non nato è «uno di noi». È questa la denominazione di un’iniziativa di raccolta di firme anche on line (
www.oneofus.eu) per chiedere sia specificato che l’uomo è soggetto di diritti fin dal concepimento e anche che la commissione europea ne tragga le in tutti i campi. «Questa iniziativa è estremamente interessante», ha osservato Mirabelli, perché «quando ci sono in gioco diritti inviolabili, la cosa ci riguarda tutti e sollecita la razionalità di ciascuno». Il libro presentato, secondo il giurista, «ha il merito di stimolare una riflessione in un clima nel quale il relativismo dominante diffonde la convinzione che possa e debba prevalere il diritto del più forte». Viceversa, ha puntualizzato Mirabelli, «la nascita non può essere discrimine dei diritti. E su questo gli articoli 1 e 6 della Convenzione dei diritti dell’infanzia non lasciano dubbi». Nell’anniversario della Convezione si lancia «giustamente» l’allarme su numerosi situazioni di maltrattamento dell’infanzia, ha rimarcato Casini, «ma è altrettanto giusto parlare di altri milioni di bambini, altrettanto deboli e innocenti, straziati nell’aborto o nella ricerca del figlio ad ogni costo. Sono i bambini, esseri umani a tutti gli effetti, concepiti ma ancora non venuti alla luce».«Come illustra il libro, questa è una convinzione profondamente laica e razionale che prescinde da convinzioni religiose ed esula da appartenenze di destra o di sinistra», ha spiegato Baldassarre, constatando come nel processo genetico della persona umana non è possibile, dopo il concepimento, individuare qualsiasi altra cesura da quell’inizio. Pertanto sono scientificamente infondate e pure convenzioni le distinzioni ad esempio tra pre-embrione ed embrione. Anche Filippo Vari, docente di diritto costituzionale dell’Università Europea, ha criticato la distinzione tra il concetto di "uomo" e di "persona" adottata per giustificare la soppressione del nascituro. <+copyright>