È sempre guerra fredda tra palazzo Chigi e la procura di Napoli. Per i legali del premier Ghedini e Longo non ci sono alternative: «O Berlusconi viene interrogato con i suoi avvocati oppure non se ne fa nulla». Un messaggio indirizzato al procuratore capo Lepore, che ufficiosamente fa intendere come la linea dei magistrati partenopei non sia cambiata: «È un teste e come tale sarà ascoltato, possiamo solo assicurare che non riceverà domande su altri processi in cui è indagato». La trattativa è in stallo totale, e l’"ultimatum" per presentarsi ai pm scade domani alle 20. Ghedini per la seconda volta scrive a Napoli spiegando con le stesse identiche parole di pochi giorni fa le sue ragioni: essendo il Cavaliere indagato a Milano nel procedimento Ruby, e avendo il gip affermato che i due filoni d’inchiesta sono «collegati», allora sarebbe evidente che il suo assistito non viene ascoltato come semplice persona informata dei fatti. Ma siccome Lepore ha respinto la prima richiesta, nulla fa presagire che, al seconto tentativo, la accolga. Dunque si comprende perché l’avvocato Longo, sin dal mattino, si sbilanci: «Berlusconi, allo stato dei fatti, non si farà interrogare». Che il premier tema una «trappola» è ormai noto e messo nero su bianco. Se non si presenterà, ai magistrati resterà l’arma dell’accompagnamento coatto, che però dovrà ricevere il placet della Camera (prima della Giunta per le autorizzazione a procedere e poi dell’Aula), trasformando Montecitorio in un epocale campo di battaglia politico, giudiziario e mediatico. Una sorta di resa dei conti al momento temuta più dalla procura che dalla maggioranza, che invece è certa dei suoi numeri e dell’esito. Perciò a Napoli si riflette e non si affrettano le decisioni, e soprattutto si cerca di evitare il frontale con palazzo Chigi. Il prossimo summit dei pm è previsto a quanto pare per martedì - lunedì nel capoluogo partenopeo è san Gennaro -, e forse si preferirà la linea morbida: una nuova indicazione di date possibili tra le quali il premier potrà scegliere quella in cui essere sentito. Ma la verità è che si naviga a vista e si cerca di tenere i nervi saldi, da entrambe le parti. Il tempo che passa gioca comunque a favore del premier, che può mettere a punto la sua controffensiva processuale e mediatica. I suoi legali, poi, hanno giocato un’altra carta su cui confidano molto, quella del conflitto di competenza territoriale (le carte, a loro dire, dovrebbero passare a Roma, dove si sarebbe consumata l’eventuale estorsione organizzata da Tarantini e Lavitola). Sul punto si dovrà esprimersi a breve il Riesame. Nella maggioranza si mormora che in fondo è questa la strategie di Berlusconi e della sua difesa: evitare con le unghie e con i denti di rispondere alle imbarazzanti domande di Napoli, fino a quando il processo non sarà istruito altrove, cosa che tra l’altro appare plausibile, a detta dello stesso Lepore. Senza dimenticare le ripetute richieste di ispezione che i parlamentari Pdl hanno presentato al Guardasigilli Nitto Palma. Il ministro ieri ha glissato, ma ha promesso di dire qualcosa oggi. Sembra invece tramontata definitivamente l’ipotesi di un decreto d’urgenza che blocchi la pubblicazione delle intercettazioni. Sia perché, nei fatti, è troppo tardi. Sia perché, è noto, una soluzione del genere è vista dal Colle come il punto di non ritorno negli ormai permanenti conflitti istituzionali tra toghe e politici.