sabato 26 maggio 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Oggi scriviamo su questa prima pagina di un dolore e di un peccato. E poche cose al mondo vanno maneggiate con altrettanto pudore e altrettanta delicatezza. Il dolore è serio e profondo, perché è quello del nostro Papa e di tutti coloro che gli vogliono bene. Il peccato è grave, perché anche stavolta – come sempre, ma più di altre volte – è segno amaro e oscuro di divisione, di presunzione, di dissimulato o, al contrario, enfatico abbandono a una logica maligna.Sapevamo già da mesi che qualcuno, tra coloro che per lavoro e servizio più gli sono vicini, stava miseramente tradendo la fiducia del Santo Padre. Sapevamo che qualcuno frugava nella sua corrispondenza, tra le sue carte. Sapevamo che qualcuno era arrivato a cedere ad altre persone documenti del Papa. E sapevamo che qualcuno aveva operato perché venissero pubblicati. Oggi sappiamo che qualcuno è stato trovato in possesso di carte riservate. Nulla più di questo sappiamo, come nulla sappiamo  – checché, ieri, si sia subito sentenziato e scritto – di "corvi" e di altri animali da titolo di giornale e di tg.Sappiamo però che il dolore di Papa Benedetto è un dolore lento e lungo, come lento e lungo è il dolore di ogni svelato tradimento. Non l’unico dolore né il più grande che il Papa porta su di sé, lui che ogni giorno vive la Croce – e come sa dircelo, e come ce lo dimostra – accettato «luogo autentico» del Vicario di Cristo.E allora, e ancora, noi tutti gli siamo vicini. Con semplicità, nella preghiera, con la povera e tenace fedeltà del nostro affetto di figli.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: