Le definizioni saranno probabilmente le più varie, anche perché stavolta lo stesso premier non ha voluto sbilanciarsi a etichettare personalmente la normativa, considerandola di fatto il secondo tempo di quella approvata una settimana fa. Così, dopo il “salva Italia” e il “cresci Italia”, il maxi–decreto legge sulle semplificazioni varato ieri dal Consiglio dei ministri potrà essere battezzato più o meno a piacere. Su queste e altre colonne lo abbiamo già visto indicare come “libera Italia”, trattandosi in effetti di un cospicuo pacchetto di misure, assunte per tagliare in tutto o in parte una sterminata congerie di lacci e lacciuoli, che da tempo immemorabile limitano le capacità di iniziativa di cittadini e imprese.In alternativa, stando a quanto annunciato e descritto finora, oltre che agli intendimenti dichiarati dall’esecutivo, potremmo proporre anche l’immagine di un “dl muoviti-Italia”. Perché questo terzo tempo legislativo, che si apre alla vigilia di un vertice europeo decisivo per il nostro futuro, sembra quasi contenere un implicito invito al Paese a scrollarsi di dosso una certa qual patina di rassegnazione alla crisi, un’attitudine a restare il più possibile fermi, pensando soprattutto a parare i colpi assestati a ciascuno di noi dalla lunga coda dell’emergenza, oltre che dai primi durissimi provvedimenti assunti per tamponarla. Accanto a una minoranza che protesta, talora in modi fin troppo clamorosi e persino dannosi per la collettività, si ha infatti l’impressione di una larga maggioranza di italiani ancora storditi e intimiditi, incerti sul da farsi, magari solo per mancanza di informazioni sufficienti sulle nuove opportunità che si aprono, ma comunque non ancora pronti a ripartire.Non per caso forse, nella sua breve introduzione esplicativa alla stampa, Mario Monti ha tenuto a inquadrare il decreto nell’insieme della strategia di risanamento della nostra economia e di rilancio dell’immagine nazionale all’estero, sottolineando l’importanza che i mercati danno alle riforme strutturali per la crescita messe in campo dai singoli Stati. Ma proprio per questo sarà utile che nei prossimi giorni il governo e tutta la Pubblica amministrazione pongano in essere uno sforzo supplementare di rappresentazione e di illustrazione di quanto è stato deciso e delle opportunità che effettivamente si aprono per le diverse categorie di cittadini.Ancora ieri il segretario generale della Cei, monsignor Crociata, ha ricordato la situazione di difficoltà, in primo luogo economica ma poi anche culturale, che l’Italia attraversa. Di qui l’attenzione che doverosamente i vescovi riservano agli sforzi di chi – pro tempore, e stimolando la politica a tornare se stessa riscoprendo il valore dei fatti e delle idee guida (ne scriviamo oggi a pagina 3) – porta la responsabilità di tenere la barra del Paese e di propiziarne la ripresa. Ebbene, in tale opera crediamo rientri, in particolare in questo momento, il compito di un paziente lavoro didascalico nei confronti della popolazione. Si tratta, in qualche modo, di tentare una ricapitolazione di tutto ciò che è stato deciso e attuato in questi due mesi e mezzo: occorre insomma fare il punto, specificando per quanto possibile in ogni settore l’impatto concreto dei diversi interventi, i tempi in cui tali effetti si produrranno, gli spazi operativi reali che vengono offerti a chi vuole mettersi in gioco.Nell’altalena quotidiana – una vera doccia scozzese psicologica – alla quale ci sottopongono ogni giorno gli indicatori economici, le agenzie di rating, le analisi più o meno interessate degli operatori internazionali che guardano alla nostra Penisola come a un ricco terreno di conquista, la scelta di evidenziare al meglio le “buone pratiche” evocate ieri dal presidente del Consiglio non è solo nell’interesse di Palazzo Chigi. Parafrasando san Tommaso, anche la “buona volontà”, come il bene in generale, può diventare
diffusiva sui. Cioè capace di propagarsi. E, magari, contagiosa.