domenica 31 luglio 2016
Ai romani piacerebbe potersi chiedere piuttosto «dove» portare i rifiuti, «come» trattarli nel rispetto di uomini e ambiente. Invece...  (D. Paolini)
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INTERVISTA Aspettando la vera differenziata (A.M.Mira)
Roma assediata dai rifiuti. Perché?
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Ancora una volta la domanda è «perché?». È ormai diventata una triste tradizione, quando si riflette sui mali di Roma, anteporre l’interrogativo che racchiude in sé una buona dose d’impotenza a quelli più fattivi. Ai romani infatti (e, ne siamo certi, anche ai tantissimi pendolari, turisti e pellegrini da tutto il mondo che, bontà loro, continuano ad arrivare) piacerebbe potersi chiedere piuttosto «dove» portare i rifiuti che stanno sommergendo la città, «come» trattarli nel rispetto degli umani e dell’ambiente, «quando» avviare quest’opera di rinascita di assoluta urgenza, visto che con l’estate l’emergenza sanitaria sembra dietro l’angolo. Invece siamo ancora qui ad assillarci di «perché?». Di diversi «perché?». Il primo, forse quello più indigesto, riguarda la campagna elettorale che si è conclusa appena lo scorso mese. Perché in quei giorni tutti i candidati, senza eccezioni, hanno assicurato di avere grandi idee e soluzioni per ripulire Roma bene e in tempi rapidi? In realtà, dalla propaganda primaverile emergevano (al netto di qualche sfumatura talvolta al limite del folcloristico, come quella della poi vincitrice Virginia Raggi di sostituire i pannolini usa-e-getta dei neonati con quelli riutilizzabili, da far lavare ad apposite cooperative) più o meno le stesse proposte da parte di tutti: incrementare la raccolta differenziata, aumentare il numero delle isole ecologiche, trattare la spazzatura che la città produce senza dover pagare per smaltirla, chiudere il ciclo dei rifiuti così da trasformarli da problema in risorsa. Perfetto. Del resto, numerosi esempi virtuosi in Italia e all’estero dimostrano che tutto ciò è possibile. Peccato che tutti i candidati sapessero (e se non lo sapevano è ancora più grave) che a Roma la situazione degli impianti di smaltimento è bloccata. E non da ieri, ma da due anni. Ecco, allora, un altro «perché?». Perché i romani – i quali pure, diciamolo, con i loro comportamenti sbagliati spesso contribuiscono al volume della sporcizia che li circonda – non dovrebbero sentirsi raggirati per l’ennesima volta, mentre dalla finestra di casa guardano i sacchetti sparsi in terra e ne respirano i miasmi? Certo può risultare facile, per certi versi perfino rassicurante in quanto tiene acceso un lumicino di speranza, sostenere che la colpa del degrado e di questo puzzo osceno che avvolge e stordisce, reso ancora più insostenibile dal caldo di fine luglio, è soltanto dei sindaci che c’erano prima e dei vari intrallazzi emergenti da tempo dalle inchieste giudiziarie. La sindaca Raggi l’ha ripetuto ancora tre giorni fa: «La responsabilità è di chi ha governato Ama fino a oggi». Può essere. Ma così si arriva dritti al terzo «perché?». Perché come assessore all’Ambiente è stata scelta Paola Muraro, che della municipalizzata Ama è stata consulente (molto ben pagata e con competenza proprio sugli impianti di smaltimento) per dodici anni, dal 2004 fino a pochi mesi fa? In attesa di risposte, possibilmente sotto forma di fatti, non resta che turarci il naso.
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