Le ultime bombe sono cadute anche l’altra notte su quartieri nuovi di Aleppo. «Questa volta hanno centrato pure uno stabile del vicariato latino nel quartiere Zahraa», riferisce Georges Abou Khazen, l’anziano francescano, da poco più di anno vicario apostolico di rito latino di Aleppo. Sembrano, o almeno si spera siano, dei colpi di coda del bombardamento di venerdì quando dalle zone della città vecchia in mano ai jihadisti sono piovuti per la prima volta, assieme ai soliti colpi di mortaio e ai barili-bomba, anche dei razzi. È l’agonia di Aleppo, scritta nel «terrore dipinto sul viso della gente» afferma George Sabe, frate marista: «I razzi questa volta hanno sventrato interi palazzi». Pesantemente distrutte, in questi ultimi attacchi, pure la cattedrale maronita di S. Elia, quella greco cattolica del Divino soccorso e quella armeno cattolica di Nostra Signora, tutte nel quartiere Tilal. Colpiti pure il quartiere Suleymaniyah e Salibe. Nei mesi scorsi non erano mancati gli attacchi isolati, come quello a fine febbraio durante una Messa nella chiesa francescana del quartiere di Azizieh: due le vittime, allora, per una bomba a gas rudimentale. Da venerdì, con Internet bloccato da più di 20 giorni, le comunicazioni telefoniche a intermittenza, come l’energia elettrica che salta, si cerca di fare il bilancio di quest’ultima escalation.
Ogni comunità aggiorna il suo tragico bilancio: «Colpiti di nuovo i ragazzi di Don Bosco», scrivono in un comunicato i salesiani. Due fratelli, Anwar e Misho Samaan, animatori del loro centro educativo sono stati trovati senza vita assieme alla madre Minerva, dopo che un razzo in quel venerdì di sangue è caduto sulla loro casa. Le diverse chiese sinora hanno contato 12 vittime, ma molti corpi sono ancora sotto le macerie. Impossibile avere anche solo una stima delle vittime fra i musulmani moderati. «Forse i più terrorizzati». Padre Elias Janji Yechiche, vice-parroco e direttore del coro "Voce per la pace" ha saputo da poche ore che sotto le macerie hanno trovato senza vita anche Donna Yacoub, corista di 22 anni, morta in casa con la madre. Dal 2010 partecipava alle attività della corale. Almeno tre concerti all’anno per diffondere, con la musica, l’ideale dell’armonia tra le persone e le fedi». Un sogno di tolleranza e di educazione alla pace, come la scuola “Spazio del cielo”, animata da 50 volontari per dare una istruzione a 350 ragazzi fra i 14 e i 18 anni, cristiani e musulmani, sfollati dai quartieri in mano ai jihadisti. Un sogno a cui padre Elias ha lavorato ogni giorno dall’inizio della guerra civile nel 2011; un sogno che ormai sembra essere spazzato via, nonostante la tenacia di chi è rimasto ad Aleppo per difendere il secolare patrimonio di convivenza e tolleranza fra diverse comunità. La tenacia di restare, per «suonare la speranza» sembra ormai una vera utopia: spazzata via domenica scorsa, giorno della Pasqua ortodossa.Difficile avere stime esatte sulla popolazione rimasta: se il polmone economico e culturale della Siria compreso l’hinterland, raggiungeva quasi 4 milioni di abitanti, ora si pensa che sia rimasto circa un milione. «Ma ogni giorno, fra i cristiani, sappiamo di qualche famiglia che se ne è andata. Un esodo che appare inarrestabile», commenta Abu Khazen. Dolore e rabbia che si fa in tutti accorato appello. L’ultimo quello dei vescovi cattolici di Aleppo che si chiedono se questa Pasqua sia per la «resurrezione el Signore o la sepotira del fedeli». Dopo aver visto «corpi estratti dalle macerie, brandelli attaccati alle pareti e sangue mescolato al suolo», dopo aver contato «decine di martiri di ogni religione e confessione, feriti e mutilati», . l’appello è un grido «alle persone di retta coscienza». Ma pure una accusa alle potenze regionali e mondiali: «Chiudete le porte della vendita di armi e fermate gli strumenti di morte e la fornitura di munizioni». Se la fuga sembra essere l’unica scelta, «noi vogliamo vivere in pace, cittadini onesti insieme agli altri figli di questo Paese», affermano i vescovi. Non una «Aleppo dei martiri», ma una Aleppo che resti «testimone della tenerezza, della pace, del perdono e del dialogo».