sabato 9 aprile 2022
Dura sentenza della più alta magistratura spagnola che ferma con argomenti giuridici ed etici il tentativo di legalizzare i contratti di utero in affitto sottoscritti all'estero
Spagna, la Corte suprema: maternità surrogata contro la dignità umana
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I contratti di gravidanza per utero in affitto sono nulli a tutti gli effetti, perché violano i diritti fondamentali della donna gestante e del neonato. E, a fronte di "fatti consumati", il riconoscimento della relazione materno-filiale della madre non biologica può avvenire solo mediante l’adozione. È quanto ha stabilito una sentenza della Corte Suprema spagnola, adottata all’unanimità. I giudici togati hanno risolto in questo modo il ricorso presentato dalla Procura contro una sentenza del Tribunale di Madrid, che aveva riconosciuto a una madre non biologica la maternità di un minore nato in Messico, frutto di un contratto di "gestazione per sostituzione" mediante un’agenzia d’intermediazione.
Nel verdetto l’Alta Corte critica duramente la maternità surrogata, che «implica un danno all’interesse superiore del minore e uno sfruttamento della donna che sono inaccettabili». «Entrambi sono trattati come meri oggetti, non come persone dotate della dignità propria della loro condizione di esseri umani e dei diritti fondamentali inerenti tale dignità», affermano i magistrati nella corposa disposizione. I giudici evidenziano che, con il contratto di affitto del grembo materno si impongono alla donna gestante «limiti alla sua autonomia personale e alla sua integrità fisica incompatibili con la dignità umana». Mentre il bambino viene «privato del diritto di conoscere le proprio origini» ed è «trattato come un oggetto di scambio, cosificato». Per tutto ciò, il contratto può solo essere considerato nullo, in quanto viola la Costituzione spagnola, la legge di riproduzione assistita e la Convenzione dei Diritti del Bambino.
I giudici togati non nascondono la complessità della questione, poiché «la realtà è che le agenzie di intermediazione agiscono e si pubblicizzano liberamente in Spagna». E che «il bimbo nato all’estero, frutto di una maternità surrogata commerciale, entra in Spagna e finisce integrato in maniera stabile in un nucleo familiare de facto». Nonostante tutto, ricordano che l’interesse superiore del minore «conduce a che il riconoscimento della relazione filiale con la madre committente debba ottenersi per la via dell’adozione». Una soluzione che, rilevano i magistrati, tenta allo stesso tempo di «salvaguardare diritti fondamentali», tenuti in conto anche dalla Corte europea dei Diritti umani, come sono quelli delle madri gestanti e dei bambini in generale. «Tali diritti – argomenta la Corte – sarebbero gravemente lesi se si facilitasse l’azione delle agenzie di intermediazione nella gravidanza per sostituzione, perché queste potrebbero assicurare ai potenziali clienti il riconoscimento quasi automatico in Spagna della filiazione risultante dal contratto di maternità surrogata». E «senza neanche verificare l’idoneità dei committenti per essere riconosciuti come titolari della patria potestà sul bambino». I giudici supremi riaffermano così quanto stabilito nel 2013 in una sentenza relativa a un neonato iscritto al registro civile in California che definiva nullo il contratto di maternità surrogata. Ma ora rimarcano che quest’ultima «implica un danno all’interesse superiore del minore e uno sfruttamento della donna che sono inaccettabili».

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