«Si tratta di un’area con prove notevolmente deboli»: è forse questa la frase-chiave nelle 398 del “Rapporto Cass”, dal nome dell’ex presidente del Royal College dei pediatri inglesi Hilary Cass alla guida della commissione che ha condotto la ricerca sul trattamento dei 9mila casi di disforia di genere in bambini e adolescenti con età media di 14 anni tra il 2009 e il 2020 nella clinica Tavistock di Londra per conto del Nhs, il servizio sanitario britannico. Il “Cass review”, del quale dà conto con grande evidenza il quotidiano “Guardian”, sancisce l’insufficiente fondatezza scientifica della somministrazione di farmaci bloccanti della pubertà nei casi, sempre più numerosi, di giovanissimi pazienti che, presentando incertezza rispetto al proprio genere, sono stati avviati al trattamento medico mentre sarebbe stata necessaria una presa in carico psicologica («screening neurologici e valutazioni del benessere mentale» avrebbero consentito di verificare che tra chi presenta problemi di disforia «molti soffrono anche di disturbo da deficit dell’attenzione, ansia o depressione»). Il recente bando di farmaci come la triptorelina è l’estrema sintesi del Rapporto attorno al quale, lamenta Cass, ci sono state polarizzazione e strumentalizzazione. La vera ferita di tutta la vicenda è per i giovani pazienti, «delusi dall’offerta di trattamenti non provati da parte del Servizio sanitario inglese».
L’esperienza di condurre l’inchiesta sulla scientificità dei metodi farmacologici per la disforia di genere, sfociata nerlla chiusura del “Gender identity evelopment service” (Gids) gestito dalla Tavistock and Portman Nhs Foundation, ha duramente provato l’autorevole pediatra: «Ci sono pochi altri settori in cui i professionisti hanno così tanta paura di esprimere apertamente le proprie opinioni – dichiara Hilary Cass , in cui le persone vengono diffamate sui social, insultate e bullizzate. Tutto questo deve finire». Anche perché la sostanza della questione appare ormai piuttosto chiara: «Per la maggior parte dei giovani» con disturbi di identità di genere, spiega Cass, «un percorso medico non è il modo migliore di gestire il disagio. E nei casi in cui invece un percorso medico è clinicamente indicato non basta fornirlo senza affrontare anche problemi più ampi di salute mentale o psico-sociali».
Hilary Cass racconta di aver parlato con «persone che hanno effettuato la detransizione», tornando cioè al genere di origine, «alcune delle quali si sono pentite profondamente delle decisioni prese in precedenza». Se «alcuni giovani sentono l’urgenza di intraprendere un percorso di transizione» ci sono anche «giovani adulti che ripensando al passato spesso consigliano di rallentare». La maggior parte dei minori coinvolti nei processi di transizione «si sono sentiti spaventati dall’assenza di indirizzi», «dalla mancanza di ricerca e di quanto tutto il dibattito in materia sia polarizzato», venendo indirizzati «direttamente al Gids» senza tante esitazioni. Cass ha dovuto anche fronteggiare resistenze alla sua ricerca della verità, segno di un ostracismo «guidato dall’ideologia».
Molto severa la pediatra, infine, con gli «influencer online», che «hanno svolto un ruolo chiave nell'alimentare tra i giovani la confusione sull'identità di genere e su cosa dovevano fare per cambiarla», anche attraverso «condizionamenti pericolosi»: «Ne ho seguiti alcuni quando mi sono stati nominati – spiega – e certi danno informazioni molto sbilanciate. Ad alcuni giovani è stato detto che i loro genitori non avrebbero capito e che quindi dovevano separarsene o allontanarli» mentre «tutte le evidenze dimostrano che il sostegno familiare è davvero fondamentale per il benessere delle persone».
Prende atto del Rapporto Cass anche il premier Rishi Sunak: «Non conosciamo gli impatti a lungo termine delle cure mediche o della transizione sociale, dovremmo pertanto prestare estrema cautela». In base agli esiti preliminari dell’indagine condotta dalla professoressa Cass, resi noti tempo fa, il governo aveva «agito rapidamente per apportare cambiamenti a livello scolastico e nel nostro Servizio sanitario, offrendo una guida completa per le scuole e interrompendo l'uso routinario dei bloccanti della pubertà». Ora l’impegno è preciso: «Continueremo ad adottare le misure giuste per proteggere i giovani».