Un laboratorio di analisi - IMAGOECONOMICA
Il primo bebè “figlio di tre genitori” era nato nel 2016 in Messico, dove il dottor John Zhang, del New hope fertility center di New York aveva cercato riparo per condurre il suo esperimento genetico sull’uomo lontano dai rigori delle leggi americane. Per la verità, era del 2015 l’annuncio che in Inghilterra – primo Paese al mondo, come già con la fallimentare tecnica degli embrioni ibridi uomo-bovino, le cosiddette chimere – fosse diventata lecita la tecnica genetica di sostituire parti del patrimonio genetico di una madre portatrice di una malattia ereditaria con altre di una donna donatrice sana per ottenere un figlio libero dall’anomalia concepito con il gamete del padre.
Ma ora sempre dal Regno Unito, per la precisione dal Newcastle Fertility Center, arriva l’annuncio di un’altra prima volta: cioè il primo bambino nato in Inghilterra con questa tecnica detta della Donazione mitocondriale (Mdt) usando il tessuto ovocitario di una donna donatrice sana, che diventa di fatto il “terzo genitore”, sebbene con soli 37 geni pari allo 0,1% del patrimonio complessivo.
L’autorità garante per l’embriologia e la fertilità nel Paese - Hfea, di orientamento sempre estremamente liberale in materia di test in vivo sull’uomo – ha già autorizzato nello stesso centro altri 30 casi. La scienza si interroga su questa tecnica che, come nel caso del gene editing, interviene direttamente sul patrimonio genetico degli esseri umani.
E’ lecito apportare modifiche che poi si trasmetteranno alla progenie della persona modificata senza sapere cosa succederà sulla sua salute e sui discendenti? L’unico modo per saperlo – è la risposta degli scienziati più pragmatici – è provare e vedere cosa succede. Ma resta la domanda, insuperabile: è possibile considerare un bambino come un esperimento? O è più eticamente sostenibile la ricerca di altre tecniche che consentano di ovviare a questi rilevanti dubbi?