martedì 28 maggio 2024
Dopo Avvenire, anche il quotidiano cattolico francese La Croix fa un viaggio nella morte procurata in alcuni Paesi dov'è già legale. Documentando che, aperta la porta, poi è impossibile fermarsi
La prima pagina de La Croix

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Fare un viaggio oltre frontiera, per mettere in luce le trappole nascoste dietro progetti legislativi bioetici sventolati, dai loro promotori associativi o politici, come grandi «progressi». Nella stampa cattolica europea la pratica si diffonde, cercando così di trarre quanto più profitto dalle esperienze già consolidate in altri Paesi Ue.
È quanto si osserva pure in Francia, dove la bozza legislativa sul fine vita, dibattuta da lunedì in aula all’Assemblea Nazionale, solleva interrogativi bioetici inediti, data la volontà dell’esecutivo di traversare la soglia del “far morire”. Come ha fatto di recente Avvenire, anche il quotidiano cattolico transalpino La Croix ha voluto vederci più chiaro, presentando ai suoi lettori uno spaccato ben poco edificante del paesaggio del fine vita in Belgio, Paese che continua a essere citato ad esempio dalle lobby pro-eutanasia.
«Inchiesta sul sistema belga» è il titolo centrale sulla prima pagina di ieri, con una precisazione: si tratta della prima puntata di una serie di tre reportage in altrettanti Stati dove è già in vigore l’«aiuto a morire», come in Francia il governo continua a chiamare, in modo generico, ciò che in tanti Paesi viene designato correntemente come eutanasia o suicidio assistito.
Un lungo reportage mette in luce come l’introduzione dell’eutanasia in Belgio, risalente al 2002, non abbia affatto pacificato il dibattito, anche perché molte statistiche hanno preso una piega decisamente inquietante. L’anno scorso il 3,1% delle morti sono state causate dall’eutanasia, contro il 2,5% l’anno precedente. Fredde cifre sulle quali La Croix presenta, fra gli altri, il punto di vista di Léopold Vanbellingen, direttore dell’Istituto europeo di bioetica. Per lui c’è un trend inquietante e apparentemente inarrestabile, con un’applicazione delle morti somministrate che «si estende a richieste nella “zona grigia” dei limiti fissati».
Scandalizzano non poco, ad esempio, le eutanasie praticate su persone con problemi mentali, quelle su un numero (finora ridotto) di minori e quelle in forte crescita legate a «polipatologie dovute all’età avanzata». Queste ultime, rappresentavano nel 2023 il 23,2% dei casi.
Fra le voci citate dal giornale, pure quella di Benoît Beuselinck, primario all’Ospedale universitario di Lovanio, per il quale il volto nascosto dell’eutanasia in Belgio consiste ormai in una deriva nella quale «le cure sono state sostituite dalla morte e l’etica della solidarietà dal dogma dell’autonomia».
Sono diverse le zone grigie citate, come le profonde ambiguità e i paradossi circa il presunto «controllo» del sistema. Da una parte, l’obbligo di controllo è affidato dalla legge a un organismo pubblico, la Commissione federale di controllo e di valutazione dell’eutanasia (Cfcee). Ma in realtà, quest’organo è privo d’ogni potere d’inchiesta. Il risultato è che dal 2002, nonostante il sistema abbia ucciso 3.423 persone solo nel 2023, un solo caso “sospetto” sia stato segnalato. Uno scenario che dovrebbe quanto meno far riflettere l’opinione pubblica francese.

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