Sarebbe stato meglio chiamarli "embrioidi", piuttosto che "embrioni artificiali", ma la notizia sarebbe restata fra gli addetti ai lavori se il linguaggio usato da molti giornalisti non fosse stato tanto allusivo: stiamo parlando di un recente studio condotto dal Southwestern Medical Center dell’Università del Texas, e pubblicato nella rivista scientifica Cell.
Non è la prima volta che la letteratura scientifica mostra la possibilità di produrre strutture simil-embrionali partendo da cellule staminali opportunamente coltivate, che si autoassemblano con un certo ordine. Gli organismi che si formano sono chiamati solitamente "embrioidi", e poiché presentano diverse, interessanti analogie con embrioni ai primissimi stadi di sviluppo, possono essere un modello interessante per chi studia questa fase precoce della vita. La novità di quest’ultimo lavoro sta nel fatto che gli embrioidi di topo formati da un solo tipo di cellula iniziale – fibroblasti, cioè cellule tipiche del tessuto connettivo, di topo – nell’autoorganizzarsi si sono differenziati nei tre tipi di tessuti embrionali che poi danno origine all’intero organismo. I ricercatori hanno allora tentato di trasferirli nell’utero di topi femmina, e il 7% si è impiantato. Dopo una settimana gli studiosi li hanno estratti mediante taglio cesareo, e hanno osservato che gli embrioidi avevano continuato a svilupparsi, formando tessuti fetali che però presentavano pesanti anomalie rispetto a quelli formati durante una normale gravidanza.
Di per sé, si tratta di un metodo promettente per sviluppare un sistema adatto a studiare in vitro i primi passi dello sviluppo embrionale, partendo da cellule somatiche riprogrammate per formare corpi embrioidi.
Gli autori del lavoro però vanno oltre, e dicono che il metodo «potenzialmente potrebbe essere sfruttato per generare embrioni sintetici in vitro pienamente funzionali», non solo di topo ma «anche in altre specie mammifere, inclusi gli umani». Quindi non solo modelli in vitro per lo studio della embriogenesi, ma anche per «possibilmente, embrioni mammiferi bioingegnerizzati».
Insomma, siamo alle solite: una metodica sperimentale nuova e con risultati intriganti insieme all’antica ambizione di creare in laboratorio la vita umana. L’esperimento pubblicato su Cell è ancora lontano dal traguardo agognato, ma il fatto stesso di porsi in questa prospettiva la dice lunga sugli orientamenti di certa cosiddetta scienza.
Simil-embrioni ottenuti in laboratorio non da gameti sessuati ma da cellule staminali opportunamente modificate: l'Università del Texas li ha ottenuti nei topi. Ma potrebbero non fermarsi qui.
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