Heidi Crowter si batte contro la discriminazione dei nascituri Down - Creative Commons
«Mi sento molto triste perché i giudici dell’Alta Corte hanno riaffermato la discriminazione dei nascituri disabili e di noi portatori della sindrome di Down, che già adesso ci sentiamo emarginati. Ma non mi arrendo, ricorrerò in appello e continuerò la mia lotta finché i nostri diritti non verranno riconosciuti». Così Heidi Crowter, 26 anni, ha commentato la recente decisione del tribunale britannico di respingere la richiesta di modificare la legge sull’aborto avanzata da lei e da Maire Lea-Wilson, 33 anni, mamma di Aidan, 16 mesi, portatore di trisomia 21.
Le due donne hanno denunciato la pratica dell’aborto selettivo resa lecita in Gran Bretagna dalla possibilità concessa dalla legge di abortire bambini portatori di handicap fino al momento della nascita, mentre per i bimbi sani il limite è di 24 settimane. «È una norma che dice ai disabili che non dovrebbero esistere e vìola i loro diritti umani – spiega Heidi –. Io mi sento rifiutata dalla società cui appartengo». È una ragazza piena di entusiasmo e di gioia di vivere, e piange ripensando a quando due anni fa ha capito che per la legge britannica «non avevo gli stessi diritti degli altri. Per la prima volta mi sono sentita diversa: i miei genitori mi hanno sempre cresciuta come i miei due fratelli Dan e Tim e mia sorella Suzie, dandoci le stesse possibilità».
«Nel Regno Unito c’è una situazione paradossale. I portatori di handicap riescono a lavorare, sposarsi e raggiungere l’indipendenza. Eppure la legislazione sull’aborto li tratta come cittadini di serie B – spiega Grace Browne, portavoce della Società per la Protezione dei Bambini non nati –. Nel 2020 il Servizio sanitario ha dichiarato che il numero di aborti di nascituri disabili dopo le 24 settimane è stato di 3.083, e 693 di questi erano portatori della trisomia 21, in aumento sul 2019. Tra il 2005 e il 2015 gli aborti di portatori di handicap è aumentato del 68%. È stato soppresso più del 90% dei feti con sindrome di Down, ma si può arrivare il 100% con l’estensione degli ospedali del Nipt («Non Invasive Prenatal Test») che con un semplice esame del sangue della gestante tra la nona e decima settimana di gravidanza segnala la presenza nel feto di anomalie genetiche con un’accuratezza del 98%».
Un altro attacco ai diritti di disabili proviene dalla proposta di legge sul suicidio assistito e l’eutanasia. Sia Westminster che il Parlamento scozzese stanno esaminando proposte per legalizzare il "diritto di morire", progetti in grado, secondo le associazioni per i disabili, di metterne a rischio la vita. A guidare la coalizione che le riunisce è «Not dead yet», Non ancora morti. «Siamo preoccupati dai tentativi di legalizzare il suicidio assistito e l’eutanasia presentate da alcuni cittadini ai tribunali britannici – spiega un portavoce –. La società vede i disabili come cittadini di seconda classe. Da questo atteggiamento a far pressione perché scelgano di morire il passo è breve».
Heidi Crowter è la migliore testimonial del diritto a vivere dei disabili: «I miei genitori si sono accorti soltanto al momento della nascita della mia condizione – ci racconta –. Non è stato facile. Non riuscivano ad accettarmi, perché ero così diversa dai miei due fratelli Dan e Tim nati sani. Avevo tanti problemi: leucemia, una polmonite, anche i reni non funzionavano molto bene. Quando sono quasi morta per un attacco cardiaco hanno capito quanto mi volevano bene. Ero soltanto una neonata bisognosa di amore, come tutti gli altri».
Heidi racconta di aver avuto un’infanzia fantastica. «La cosa più bella è stata la nascita di mia sorella Suzie quando avevo un anno. Andiamo d’accordissimo. Siamo anche state in classe insieme quando ho dovuto ripetere un anno».
Toad in the hole, salsicce in una pastella di burro e uova, uno dei piatti più tradizionali della cucina inglese. X Factor, il musical Lion King e la squadra di calcio del Liverpool: ecco alcune delle passioni di questa giovane attaccatissima alla vita, il cui matrimonio – in diretta online, ai primi di luglio – è stato seguito da oltre mille persone. Heidi ha sposato James Carter, 28 anni, anche lui portatore della trisomia 21, nella Hillfields Church di Coventry, una congregazione anglicana che la sua famiglia frequenta da sempre (i genitori Steve e Liz sono cristiani praticanti). Per Heidi è stato tutto naturale: «I miei fratelli e mia sorella si sono sposati. Ho visto la gioia sui loro volti e ho voluto sperimentare anch’io la stessa felicità».